Corriere della Sera

«Truman Show» a teatro

«Roseline», dramma in un palazzo senza palco né platea E con un regista «occulto»: solo io conosco tutta la storia

- Chiara Maffiolett­i

così in una realtà in cui ci sono tanti ambienti, degli abitanti e delle storie: nessuna di queste cose è protagonis­ta e nessuna è secondaria».

Nemmeno gli attori sanno bene cosa accadrà. L’unico a conoscere il progetto completo è Sacerdoti: «Gli attori hanno una visione entro cui muoversi. Anche per loro è una scoperta. La mia sfida è trovare un metodo nella follia creativa, incastrand­o tutti i pezzi del puzzle».

Sfida non semplice quando le variabili sono così tante: «È l’aspetto stuzzicant­e. C’è una storia solida (d’ispirazion­e shakespear­iana, ndr.), ma allo stesso tempo ogni attore ha un intero arco di vita nello spettacolo. Nel teatro tradiziona­le, quando qualcuno esce di scena, lo spettatore può solo immaginare dove sia andato: qui può seguirlo. Però si perde cosa fanno gli altri. Non ci sono più scene: ogni momento è una scena. Non si può vedere tutto lo spettacolo contempora­neamente, ma si può scegliere. E la storia cambia a seconda del punto di vista che si segue».

Ci si ritrova così in una bolla in cui si può spiare la vita di chiunque. Metafora dei nostri tempi, al pari di quella secondo cui, nella nostra apparente libertà, saremmo invece sempre guidati da mani invisibili che ci dirigono dall’alto. «È quello che tenterò di fare con il pubblico. Non ci sono percorsi: ognuno può anche decidere di uscire dal palazzo, per poi rientrare. Ma se so che sta per accadere qualcosa di importante in un ambiente, farò in modo che la maggior parte delle persone non la perda. C’è una loro regia occulta. Io sono il Grande Fratello. Ma non è detto che tutto vada a buon fine. Il mio spettatore ideale non segue la storia, ma la usa per scoprire qualcosa, trovare suoi significat­i».

Come un videogioco con Il film

Una scena di «The Truman Show» durante la quale Christof (Ed Harris) accarezza Truman (Jim Carrey) tanti livelli, anche in Roseline ognuno sceglie in quale stare: «L’ispirazion­e arriva anche da lì. Per questo non ho avuto dubbi sul far recitare gli attori in inglese: se esce un videogioco bellissimo, in cui posso compiere missioni fantastich­e, ma è in tedesco, a me non importa. Per paradosso è meglio se non si conosce la lingua, così non ci si limita alla narrazione, lavorando di testa, ma si va in cerca di indizi, agendo di pancia».

L’interazion­e con il pubblico è fondamenta­le, «ma non è la casa dei fantasmi, dove qualcuno sbuca fuori e ti spaventa. Io però devo gestire gli imprevisti, in modo che niente laceri il mondo che abbiamo creato».

Ad ogni nuovo passo in questo Matrix, i confini tra realtà e immaginazi­one si fanno sempre più sfuocati e quando è ora di abbandonar­e l’universo di Roseline, lo si fa senza un applauso, «un po’ come accade quando ci si risveglia da un sogno».

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 ??  ?? Performanc­e Due degli undici attori impegnati nello spettacolo «Roseline» (dal 14 aprile al 3 giugno) in cui tutti sono protagonis­ti, compreso il pubblico (foto Riccardo Ghilardi)
Performanc­e Due degli undici attori impegnati nello spettacolo «Roseline» (dal 14 aprile al 3 giugno) in cui tutti sono protagonis­ti, compreso il pubblico (foto Riccardo Ghilardi)

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