Bastianich e l’accusa del Fisco «Guadagnare mi piace ma io non sono un evasore»
L’agriturismo trasformato in ristorante: «La pratica l’avevo inviata»
«Non ho commesso alcuna evasione fiscale, tantomeno da un milione di euro, come leggo in queste ore su molti siti online. Scrivono cose sbagliate, parlano di redditi non dichiarati». Joe Bastianich non si capacita. Se fosse a Masterchef, dove fa il giudice, direbbe «io moro» o «dilusione totale», con lo slang da italoamericano che l’ha reso famoso, ma la vita non è uno show. Risponde al telefono da New York, mentre prende un volo, diretto a Verona, a Vinitaly, per presentare i vini della cantina di famiglia, come il Vespa Bianco 2015, prodotto proprio nelle terre friulane teatro della disputa fiscale.
Invece, come starebbero le cose?
«Abbiamo ricevuto dal fisco un avviso di accertamento, su un fatturato di 950 mila euro regolarmente dichiarato nel corso di tre anni. È per il Ristorante Orsone, a Cividale del Friuli. Ci contestano che, da agosto 2013 a inizio 2015, abbiamo pagato tasse agevolate come agriturismo invece che come ristorante».
Ed era agriturismo o ristorante?
«L’abbiamo aperto come agriturismo nell’agosto 2013. Dopo pochi mesi, ci siamo accorti che l’inquadramento non funzionava. Per esempio, non potevamo stare aperti tutti i giorni. Perciò, abbiamo chiesto di trasformarlo in ristorante, ma la pratica è stata accettata solo a inizio 2015. La contestazione riguarda il periodo di mezzo».
Meno di 300 mila euro, per le maggiori tasse previste dal regime non agevolato, così scrive in una nota il suo avvocato Maurizio Miculan.
«Non certo un milione, appunto».
Ma in quel periodo, avete lavorato da ristorante o da
Chi è
● Joe Bastianich è nato a New York 49 anni fa
● È un imprenditore e personaggio tv di origine italiana, attivo nel settore della ristorazione
● Dal 2011 è giudice della trasmissione televisiva Masterchef Italia
agriturismo?
«Se mai ho fatto degli errori, non erano intenzionali e sono stati in buona fede. Ho 33 ristoranti nel mondo, non sono sempre lì, se ho sbagliato non è perché volevo rubare, truffare, fare il nero, com’è che si dice in Italia?».
Evadere.
«Ecco, il mio avvocato mi assicura che non c’è evasione e che querelerà chi lo dice. Infatti, la Procura di Udine ha archiviato il procedimento penale. La vicenda va avanti dal 2016, non so perché è tornata alla ribalta adesso».
Perché a breve dovrà convincere la commissione tributaria. E se sul piano fiscale dovessero darle torto?
«Il mio legale non crede che andrà così, ma io aggiungo che, se succede, sono disposto a pagare. Lo dico perché per me questa è una storia triste, sono trascinato sui giornali per qualcosa che è iniziato e che va avanti puro e giusto».
Cosa c’è di puro e giusto in un ristorante?
«Nel 1996, quando è nata la mia prima figlia Olivia, ho comprato delle vigne in Friuli. Volevo fare vino lì perché mia nonna è istriana ed è da lei che ho imparato l’amore per la cucina. Era scappata a New York, dall’istria diventata jugoslava, nel ‘56, con due bambini. Prima, era stata in un campo profughi, aveva fatto la fame. In America, aprì una pasticceria. Negli anni, ho preso altre vigne, perché il Friuli è il posto dove voglio che i miei tre figli si sentano italiani. Ci vanno d’estate a imparare a fare il vino, a parlare italiano, a sentire la sensibilità della nostra terra».
Lei quanto ci va?
«Troppo poco, ma solo FRIULIVENEZIA GIULIA
Udine quando sono lì mi godo quello che ho costruito in tanti anni di lavoro».
Un impero sparso per mondo. il
«Devo a nonna anche l’ambizione di fare soldi. Aveva il terrore che tornassimo poveri. Una volta, mamma me le stava dando con la scopa, rimasi steso a terra. Sentii nonna che urlava: “L’hai ammazzato! Con tutti i soldi spesi per farlo studiare!”».
Con ristoranti in tre continenti, ha trovato la burocrazia italiana più complicata che altrove?
«No. Le tasse e le regole ci sono dappertutto e in ogni posto ho persone che se ne occupano».
Tornando all’orsone, nel suo libro, «Giuseppino. Da New York all’italia», ha scritto che ambiva alla stella Michelin. Cosa che ora le viene ricordata, avendoci pagato le tasse come agriturismo.
«Uno sogna, ma in Italia si gioca in seria A col cibo e noi facciamo il nostro, un misto di americano e friulano: barbecue, hamburger, pollo fritto, ma anche l’uovo toc’ in braide e i cjarson. L’orsone è come se fosse la cucina di casa nostra. Quando siamo lì, ci mangiamo io, i miei figli, mia madre. I miei ristoranti hanno almeno 200 o 300 coperti, questo ne ha cinquanta, ha un’altra logica. Non è fatto per guadagnarci».