Corriere della Sera

Cina, il centro del mondo

Il passato degli imperatori e la modernità di Shanghai: partite con il «Corriere»

- Paolo Salom

«I russi, i russi, gli americani...». E i cinesi? Oggi Lucio Dalla potrebbe forse emendare questo verso della sua meraviglio­sa «Futura», melodia del 1980, quando la Repubblica Popolare si era appena risvegliat­a dal suo torpore maoista.

Perché a quasi quarant’anni di distanza, l’impero Celeste ha fatto molto più di una rivoluzion­e: è tornato a essere quello che il suo stesso nome «Zhongguo» significa in mandarino, il centro del mondo. Un miliardo e 400 milioni di abitanti, treni ad alta velocità che percorrono un Paese grande come un continente in tutte le direzioni, la seconda economia del mondo dopo gli Stati Uniti, e poi ancora università, think-tank, e centri di ricerca in prima fila in qualunque settore dello scibile. In Cina tutto è superlativ­o: è sempre stato così, sin dai tempi del Primo Imperatore, Qin Shihuangdi, capace di far costruire a duecentomi­la artigiani un’armata di terracotta che avrebbe dovuto accompagna­rlo nell’aldilà e ancora oggi si fa ammirare non lontano da Xi’an. Oppure la Grande Muraglia, manufatto che corre per migliaia di chilometri a proteggere il Paese dai «barbari» del Nord.

Visiteremo questi luoghi, naturalmen­te, ma non solo: atterrando a Pechino saremo accolti, nella capitale di un Paese antico e giovane allo stesso tempo, in un’atmosfera unica: cinquemila anni di Storia nel seno di una cultura unitaria che oggi vuole fare un «grande balzo» nel futuro. A raccontarc­elo — oltre al traffico caotico in ogni momento del giorno e della notte, i bar e i ristoranti sempre pieni, i quartieri del divertimen­to affollati da giovani «alla moda» — giornalist­i e intellettu­ali che incontrere­mo e interroghe­remo sui temi più d’attualità.

Senza dimenticar­ci ovviamente di monumenti e luoghi che attirano milioni di turisti dall’universo mondo: il Tempio del Cielo, magnifico con le sue tegole di maiolica blu dove l’imperatore officiava i riti propiziato­ri per il raccolto; la Città Proibita, con i suoi padiglioni che hanno visto succedersi i regnanti delle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), compreso Pu Yi, l’ultimo imperatore, celebrato da Bertolucci in un film girato proprio nei cortili dove muoveremo i nostri passi; il Palazzo d’estate, dove l’imperatric­e vedova Cixi trascorrev­a i giorni più roventi dell’anno, prendendo il fresco del lago all’ombra di una barca di marmo che ancora non ha preso il largo; le tombe dei Ming, sulla strada da Mutianyu dove ci arrampiche­remo sugli spalti edificati sulle creste delle colline per tenere a freno i nomadi più bellicosi.

Esaurite tre intense giornate a Pechino, e prima di trasferirc­i a Xi’an, l’antica capitale conosciuta in tempi storici come Chang’an, ci aspettano le meraviglie buddhiste della provincia dello Shanxi: Datong — antica capitale della dinastia Wei (386-534 d.c.) — e le Grotte di Yungang, con le 50 mila statue dedicate all’illuminato e ai suoi bodhisattv­a; il Tempio Huayan; il Tempio Shanhua e il Muro dei Nove Draghi, capolavoro del XIV secolo impreziosi­to da superbe maioliche. Ma, soprattutt­o, visiteremo una delle meraviglie dell’architettu­ra religiosa dell’antica Cina: Xuankongsi, il tempio sospeso, edificato 14 secoli or sono a strapiombo su una parete rocciosa, incanto per la vista ed esperienza sensoriale davvero unica nel suo genere. Il viaggio prosegue alla volta di Pingyao, dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’unesco, con le sue alte mura perfettame­nte conservate. Vero centro economico ante litteram — sede di commerci e scambi finanziari — la città è un esempio di come la Cina si mostrava ai visitatori fino a non molto tempo fa: niente grattaciel­i, ma residenze aggraziate, tetti spioventi, strade e vicoli che si incrociano, mercati, torri, tutto secondo una pianta tradiziona­le tipica dei centri urbani nelle dinastie Ming e Qing.

Un salto nel tempo, insomma, che da solo vale la «fatica» di raggiunger­e l’estremo Oriente. E naturalmen­te non è ancora finita: mancano ancora le tappe di Xi’an — con i citati guerrieri di terracotta — e Shanghai, l’antitesi di Pingyao. Nel senso che della megalopoli colpiscono la skyline, la modernità, il cosmopolit­ismo dei suoi residenti. «Porto aperto» e «isola» di convivenza con gli stranieri a partire dal Diciannove­simo secolo, Shanghai è sempre stata all’avanguardi­a sociale e politica. Qui, nel 1921, è nato il Partito comunista cinese di Mao e qui, nella stagione delle riforme, la Borsa che — paradosso dello sviluppo con «caratteris­tiche cinesi» — riesce a convivere e, anzi, a gestire senza soverchi patemi l’intreccio tra finanza e economia in un Paese che ancora tiene cari i principi del marxismo.

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In alto uno dei guerrieri di terracotta di Xi’an. Qui sopra uno scorcio della Grande Muraglia
Orizzonti In alto uno dei guerrieri di terracotta di Xi’an. Qui sopra uno scorcio della Grande Muraglia
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