Corriere della Sera

«Ogni giorno a lezione di umiltà dai miei peperoni e dalla lattuga»

Enzo Bianchi e l’orto che coltiva da sempre. «È la natura che vince sulla morte»

- Di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

fin da ragazzo e che mi ha fatto bene nella vita adulta. È anche per questo che l’orto mi ha sempre accompagna­to nei miei spostament­i. In Monferrato prima, qui a Bose poi. Dovunque io vada, trovo il posto, il tempo e lo spirito per questo».

E forse è pure per questo che nei Vangeli ci sono frequenti riferiment­i alla coltivazio­ne della terra?

«Sì, perché spesso dimentichi­amo che Gesù non è solo contemplaz­ione, ma è anche concretezz­a, eccome! La fede stessa è, tutto sommato, concretezz­a, è fatta di azioni e di piccole decisioni. Ma soprattutt­o è fatta di attenzione».

Quella concentraz­ione sul presente che oggi ci manca, presi come siamo a rimpianger­e il passato o a immaginare il futuro?

«Una concentraz­ione sul qui e ora che nell’orto devi ritrovare per forza. Dalla qualità del raccolto, per molte persone, dipende la vita».

Enzo Bianchi è così: un uomo terragno, un uomo che usa le parole come il contadino usa la zappa, con forza e precisione, una sapienza conquistat­a con la preghiera ma anche con una certa dose di conoscenza del mondo.

Qual è il gesto del contadino che preferisce?

«Ce ne sono tanti. Quando immagino l’atto di estirpare le erbacce, penso che ci vogliono concentraz­ione, delicatezz­a e fermezza insieme».

Lo stesso atteggiame­nto che nella vita premia tanti?

«Possiamo chiamarlo equilibrio. L’orto stesso è equilibrio di varietà differenti. Oltre alla mia lattuga canadese e ai peperoni, coltivo anche pomodori, sedano, piccole melanzane. Verdure essenziali, intendiamo­ci».

E ognuna di queste specie richiede cure diverse, un po’ come accade delle anime delle quali ci prendiamo cura. L’orto può essere anche un esercizio d’amore?

«Ma certo, però ribadisco: è attenzione, è cura, è dedizione. Pensiamo alla metafora della recinzione: reti, sistema di pali e fili, metallici o no. Tutto quello, insomma, che protegge ciò che amiamo dalle incursioni degli animali in questo caso — specie i cinghiali — alle incursioni di altre cose, quando parliamo in metafora. Proteggere ciò che amiamo con la giusta recinzione, reale o metaforica, è un Lo spirito

● Lo spirito di Enzo Bianchi nei confronti del suo orto è molto affine a quello che anima Ortinparco, la kermesse che parte da una cultura radicata nelle tradizioni popolari alpine, quella degli orti e dei giardini alpini. La festa della primavera è anche una occasione per sensibiliz­zare tutti alla cultura dell’orto principio molto importante».

Accudire un orto forse vuol dire anche sapersi mettere nelle mani della sorte: il meteo, le stagioni che cambiano, l’imprevedib­ilità delle cose.

«È lo spettacolo meraviglio­so della natura che si impone oltre noi stessi, al di là di ogni azione umana. Ma è del tutto conforme alle leggi naturali, è la vita stessa a imporsi ogni volta! Oltre la morte, oltre la distruzion­e, oltre il male. L’orto è vita che vince».

L’entusiasmo di Enzo Bianchi è un rosario di erbe recitato con voce chiara, cristallin­a, con un accento leggero: prezzemolo, basilico, borragine, erba cipollina, menta, timo, maggiorana, aglio...

Che cosa vede dalla finestra della sua cella?

«Una quercia che ha settecento anni. Oggi per abbracciar­la ci vogliono quattro uomini. Ma vedo anche un viale di tigli che ho piantato personalme­nte, quasi un’eredità di profumo e candore per le generazion­i che verranno. Se esco, vedo da una parte l’orto, dall’altra il bosco».

La cura di sé e il trionfo autarchico della natura.

«In entrambi i casi, un messaggio forte: coltivare la terra è imparare ad aspettare e imparare ad aspettare è in qualche modo imparare a vivere».

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Armonia Ciclo dei mesi di Torre Aquila, Maggio (particolar­e), nel Castello del Buonconsig­lio di Trento
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