È importante seguire le cure con molta cura
La mancata aderenza alle terapie è il più pericoloso di tutti gli errori che si possono fare con le medicine. Peggio del pur rischioso «fai da te» e delle pastiglie triturate e mixate per ingerirle meglio. Non assumere i farmaci prescritti aumenta, e di m
Lo sbaglio più grave che si può fare con i farmaci? Non prenderli come si dovrebbe. La mancata aderenza alle terapie è infatti molto più pericolosa di tutti i classici sbagli che si fanno con le medicine: dal «fai da te» alle pillole triturate e mixate per ingerirle meglio.dati raccolti su oltre undicimila diabetici, pubblicati sugli Archives of Internal Medicine mostrano, per esempio, che non assumere le medicine prescritte aumenta del 58% il rischio di ricoveri e dell’81% la mortalità. Uno studio condotto su pazienti con insufficienza cardiaca ha invece mostrato che prendere meno dell’80%dei farmaci indicati dal medico raddoppia la probabilità di finire in ospedale. E l’elenco potrebbe continuare. «La mancata aderenza alle terapie è un problema enorme, dai costi sanitari ed economici elevatissimi — osserva Achille Caputi, coordinatore del gruppo di lavoro su , farmacoeconomia, farmacoepidemologia e farmacovigilanza della Società Italiana di Farmacologia —. Pensiamo a un iperteso: non ha sintomi evidenti della pressione alta, ma un rischio elevato di eventi come infarti o ictus. La terapia è essenziale per evitarli, ma la tentazione di smettere di Alcuni esperti sostengono che dovrebbe poi essere rivalutata l’opportunità di usare le polipillole, ovvero farmaci che contengono dosi fisse di quattro, cinque principi attivi spesso prescritti insieme prendere le pillole è alta perché la malattia non dà segno di sé. Succede anche dopo un infarto, quando vengono prescritte in genere parecchie medicine per tenere sotto controllo i fattori di rischio cardiovascolari, dal colesterolo alla pressione, alla coagulazione del sangue: dopo uno o due anni, quando la paura dell’infarto è un po’ dimenticata, prevale la preoccupazione per gli effetti collaterali della terapia e si smette di prenderla. Col rischio di un nuovo infarto».
Fino al 60% dei pazienti non segue correttamente la cura prescritta per una patologia, per di più tanti mentono: uno studio presentato a marzo al congresso dell’american College of Cardiology ha mostrato che l’80% afferma di curarsi con regolarità ma poi, se si vanno a guardare le confezioni di medicine acquistate in farmacia, la percentuale di chi lo fa davvero scende al 55 %.
E le cose possono peggiorare in chi di malattie ne ha più di una e deve prendere parecchie medicine al giorno, magari a orari e con modalità diverse: un dedalo in cui tanti si perdono, a maggior ragione chi è anziano o ha qualche difficoltà fisica o cognitiva che può interferire con la corretta terapia.
«Avere pagato di tasca propria un farmaco invece stimola a prenderlo con la dovuta regolarità — puntualizza Caputi —. Tanti medicinali per la prevenzione cardiovascolare o per il diabete, da prendere praticamente a vita, costano pochissimo: ebbene, questa caratteristica si ritorce contro perché un farmaco di poco prezzo viene percepito come poco importante, anche se a torto, e si finisce più spesso con l’abbandonarlo».
Va detto che può diventare difficile seguire le terapie anche quando sono troppo costose: se il medicinale costa tanto, soprattutto chi non naviga nell’oro prima o poi molla. In questi casi una compartecipazione alla spesa può aiutare a mantenere l’aderenza: uno studio della Duke University su 11mila persone che avevano avuto un infarto ha dimostrato che se un’assicurazione sanitaria rimborsa almeno in parte i farmaci costosi i medici si sentono più liberi di prescriverli indipendentemente dal prezzo e soprattutto i pazienti, se non devono preoccuparsi di dover pagare, almeno non interamente, prodotti cari di tasca propria, li prendono più a lungo. Ma costo del prodotto a parte, come si può migliorare l’aderenza alle cure per evitare le possibili conseguenze di un mancato trattamento? «Intanto, i medici devono passare più tempo a spiegare al paziente i motivi per cui è essenziale prendere le pillole, anche se ci si sente bene — risponde il farmacologo —. In alcuni casi può essere d’aiuto la tecnologia, con le app che ricordano quando e come assumere la terapia; purtroppo non sono adatte a tutti; per esempio nel caso degli anziani non sempre hanno sufficiente confidenza con gli strumenti per essere sicuri che li usino in modo giusto. Dovrebbe poi essere rivalutata l’opportunità di usare le “polipillole”, farmaci che contengono dosi fisse di quattro, cinque principi attivi spesso prescritti insieme: a queste associazioni viene mossa la critica di essere rigide e non consentire la personalizzazione della terapia, ma sarebbe relativamente semplice creare polipillole che possano venire incontro alle esigenze della maggioranza dei pazienti»
Certo, chi dovesse dimenticare la polipillola in questione si troverebbe del tutto« scoperto», ma quasi due milioni di anziani prendono dai nove ai quindici farmaci al giorno, dimenticarne qualcuno è probabile.«per migliorare l’aderenza dovremmo puntare anche a responsabilizzare i pazienti: il Servizio sanitario paga cure a persone che non le fanno, per cui poi dovrà spendere per trattamenti conseguenza della mancata terapie» conclude Caputi.
Consapevolezza È necessario capire che ci sono condizioni, come per esempio l’ipertensione, che vanno trattate con costanza anche se ci si sente bene