Un algoritmo ci dirà quanto costa non farlo
Sul fatto che sia importante aumentare l’aderenza alla terapia sono tutti d’accordo e le soluzioni proposte sono diverse (si veda l’articolo a lato).
Il consenso è unanime anche sul fatto che una migliore aderenza ai trattamenti consentirebbe non solo migliori risultati delle cure ma anche significativi risparmi sociali, sia in termini diretti (minori sprechi), sia di complicanze (con relativi costi di trattamento), sia di perdita di giornate di lavoro.
Per calcolare le ricadute economiche dalla mancata aderenza e capire in quale misura vi incidano le variabili coinvolte è stato avviato il progetto «Abbiamo i numeri giusti» con il contributo non condizionato di Merck, che prevede la sperimentazione in cinque Regioni (Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Puglia) di un algoritmo messo a punto dall’alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’università Cattolica di Roma (Altems).
«Diversi studi hanno dimostrato che l’aderenza alle cure è influenzata da diversi fattori (tecnicamente determinanti) — spiega Alberico Cicchetti, direttore dell’altems e autore dell’algoritmo —. Per esempio sappiamo che le persone istruite sono più aderenti alle terapie e che le donne lo sono meno degli uomini, probabilmente perché più abituate a occuparsi degli altri piuttosto che di se stesse. In certe patologie, poi, l’aderenza è maggiore che in altre: per esempio fra i diabetici e i cardiopatici, rispetto a chi soffre di malattie meno gravi. Abbiamo inserito tutti questi fattori in una formula che permette di correlarli, in termini numerici con il livello di aderenza».
Come funziona l’algoritmo esattamente?
«Di fatto — illustra Cicchetti — è costruito su funzioni matematiche che dicono qual è l’effetto di un certo fattore (sul quale è possibile intervenire) su una certa variabile. La variabile è una sola, cioè l’aderenza, ma i fattori sono tanti, e possono essere, ovviamente, il numero di somministrazioni al giorno della medicina, la sua formulazione (spray piuttosto che cerotto, o iniezione) ma anche, come accennato, il tipo di patologia, la situazione socioeconomica, eccetera. A ognuno di questi determinanti, sulla base di diversi studi, è stato attribuito un valore numerico. Con l’algoritmo così ottenuto abbiamo condotto già uno studio pilota, ma ora vogliamo fare qualcosa di più ambizioso, cioè utilizzarlo con dati reali su larga scala. Per questo abbiamo chiesto a 5 Regioni di testarlo. Infatti se prendiamo una popolazione, diciamo, di 50 mila persone che hanno varie malattie e seguono diverse terapie e di questa popolazione possiamo conoscere l’età, quali trattamenti sono stati loro prescritti e il loro livello di aderenza, possiamo stabilire correlazioni con i fattori di cui abbiamo parlato e verificare ciò che la letteratura scientifica già ci dice esistere».
Ma qual è l’utilità pratica dell’algoritmo?
«Una volta stabilite queste correlazioni si potrà capire dove è più utile investire per migliorare l’aderenza, cioè quali potrebbero essere le politiche sanitarie più efficaci da adottare allo scopo. Per esempio capire se conviene dare maggior valore e quindi privilegiare la rimborsabilità a farmaci con somministrazioni meno frequenti a parità di efficacia. E se sì in che termini? Ma non solo: se si sapesse quanto “costa” un farmaco che non viene davvero preso, una Asl potrebbe stabilire, dati alla mano, se e quanto po- trebbe essere conveniente investire, per esempio, in un servizio di recall telefonico per ricordare ai pazienti di prendere il farmaco. Ovviamente le ricadute saranno diverse a seconda della malattia considerata: se per esempio si parla di diabete, l’effetto della mancata aderenza può essere una complicanza oppure un ricovero in Pronto Soccorso, con effetti sulla salute e sulla spesa sanitaria; se si considerano disturbi meno gravi, le ricadute saranno diverse. Proprio per questo lo scopo è correlare i fattori che influenzano l’aderenza e valgono per ogni tipo di patologia e che impattano sempre allo stesso modo (posologia e formulazione), con quelle che variano con la patologia».
Fra i fattori che incidono sull’aderenza c’è anche il grado di collaborazione del paziente?
«Senza la partecipazione attiva del paziente, le terapie sono destinate all’insuccesso. Al contrario, una persona partecipe,ingaggiata, non solo segue la terapia con maggiore scrupolo, ma è anche in grado di attivarsi tempestivamente ai primi sintomi, nel proprio interesse e di quello del Sistema sanitario. In definitiva, il paziente è una risorsa ancora molto da sfruttare» risponde Guendalina Graffigna, professore di psicologia all’università Cattolica di Milano. «In un’indagine che abbiamo condotto da poco all’engageminds Hub Research Center della nostra università, abbiamo riscontrato come a un alto livello di coinvolgimento corrisponda una maggiore aderenza al percorso di cura: la percentuale di pazienti cronici che ha pensato di abbandonare le cure, infatti, diminuisce sensibilmente tra le persone più coinvolte. Grazie all’algoritmo potremo spiegare meglio, in concreto, ai pazienti, perché conviene curarsi bene».
Il problema è notevole e destinato ad aumentare, a causa dell’invecchiamento della popolazione e del conseguente aumento di patologie croniche. «L’algoritmo è uno strumento che si può inserire nello sforzo che stiamo facendo per mettere a punto strategie capaci di accogliere le opportunità, ma anche le sfide che si proporranno nei prossimi anni in materia di sostenibilità» commenta Andrea Urbani direttore generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute. «Anche perché oggi possiamo di- Il modello È costruito su funzioni matematiche che dicono qual è l’effetto di diversi fattori, sui quali è possibile intervenire, nei confronti dell’aderenza alla terapia re che il nostro Sistema sanitario è fra i migliori al mondo in termini di copertura universalistica e di ricettività dell’innovazione, ma se vogliamo che continui a esserlo è necessario programmare in modo adeguato per reggere l’impatto economico che si proporrà». «L’iniziativa è importante anche perché punta a utilizzare l’enorme quantità di dati che il nostro Sistema sanitario mette a disposizione ma che ancora sfruttiamo troppo poco» sottolinea Walter Ricciardi, direttore dell’istituto Superiore di Sanità. http://www. corriere.it/ salute
A che cosa serve
È possibile capire quali potrebbero essere le politiche sanitarie più efficaci da adottare
Il paziente coinvolto Il successo della terapia dipende anche da quanto il malato ne diventa parte attiva