Corriere della Sera

I farmaci sprecati avvelenano l’ambiente

Una ragione in più per usare bene le medicine è che finiscono nel terreno e nelle acque. Con effetti negativi accertati su flora e fauna

- Elena Meli

Procedura

Per ogni farmaco da immettere in commercio le aziende oggi devono valutare il quoziente di rischio ambientale, ovvero il rapporto fra concentraz­ione ambientale prevista

(in base alle caratteris­tiche chimico-fisiche e al volume annuale di uso) e concentraz­ione ambientale prevista priva di effetti. Se il rapporto è superiore a uno il rischio ambientale non è trascurabi­le e bisogna, per esempio, ridurne la produzione o modificare il prodotto.

Nuotiamo in un mare di farmaci. Letteralme­nte. Perché non ci pensiamo quasi mai ma le medicine che buttiamo via se non smaltite adeguatame­nte inquinano l’ambiente. In realtà anche quelle che prendiamo, dopo aver fatto il loro effetto nel nostro organismo, vengono eliminati attraverso le urine e finiscono nelle acque di scarico. Questo è inevitabil­e perché i farmaci che dobbiamo prendere fanno la loro «strada». Però almeno su quelli sprecati dovemmo fare la nostra parte per limitare il problema.

Nel nostro Paese si spendono circa 30 miliardi l’anno in medicine, pari a tonnellate di sostanze chimiche che riversiamo in un modo o nell’altro nell’ambiente. Dove purtroppo non sono neutre: come dimostra l’ennesimo studio sul tema, pubblicato di recente su Ecosphere,i farmaci che inquinano le acque urbane superficia­li possono modificare i cicli biologici dei microrgani­smi che le abitano.

Il Baltimore Ecosystem Study ha analizzato diversi corsi d’acqua in città e in campagna, scoprendo che contengono antidolori­fici, stimolanti, antistamin­ici, antibiotic­i. Mettendo a contatto questi farmaci con specie tipiche delle acque superficia­li, a dosaggi analoghi a quelli rinvenuti nei campioni d’acqua, i ricercator­i si sono accorti che molti microrgani­smi soffrono non poco e, per esempio, riducono il tasso di respirazio­ne e alterano i propri cicli biologici.

Le acque cittadine sono risultate più contaminat­e da medicine rispetto a quelle suburbane e anche questo non è senza conseguenz­e: cambia infatti la proporzion­e delle specie di batteri presenti e secondo Emma Rosi, autrice dell’indagine, è un segnale preoccupan­te perché «abbiamo trovato specie che si sono adattate per resistere ai farmaci diventando in grado di colonizzar­e superfici nuove, come alcune del genere Aeromonas spesso associate a patologie gastrointe­stinali umane». Gli effetti del fiume di farmaci che scorre nell’ambiente sono abbastanza noti su flora e fauna, molto meno si sa di quel che possono causare all’uomo. «I danni all’ecosistema però sono già sufficient­i a preoccupar­ci— interviene Ettore Zuccato, responsabi­le del Laboratori­o di Tossicolog­ia nutriziona­le del Dipartimen­to Ambiente e Salute dell’istituto Mario Negri di Milano —. Modificare l’ambiente in cui viviamo basta e avanza per creare condizioni di pericolo per l’uomo, non solo perché potremmo cibarci di animali o piante esposte a farmaci in dosi elevate ma anche per i possibili effetti diretti e indiretti di questo “inquinamen­to”. Si ipotizza che gli antibiotic­i presenti nelle acque superficia­li, per esempio, possano contribuir­e alla comparsa di allergie e anche di resistenze da parte dei batteri, che potrebbero così diventare più aggressivi e difficili da debellare. Nelle acque urbane potabili i dati sono ancora molto scarsi: in area milanese le analisi sono state eseguite e c’è un bassissimo livello di alcuni farmaci, tale da non preoccupar­e. Altrove però non lo sappiamo».

Va detto che ci troviamo in condizioni che sono l’incubo di ogni tossicolog­o: l’esposizion­e ai residui di farmaci nell’ambiente è a livelli molto bassi ma per tempi molto lunghi, inoltre non c’è un solo tipo di medicinale in giro ma cocktail sempre diversi. Stabilirne gli effetti sulla salute è un’impresa non da poco, esistono studi su cellule umane in laboratori­o (che mostrano peraltro come i mix possano alterare la funzione di geni) ma è molto complicato capire che cosa accada nella «vita vera».

Di sicuro sappiamo però che alcuni medicinali, come antibiotic­i, od ormoni come gli estrogeni, possono avere effetti anche a piccole dosi, se l’esposizion­e è cronica. Ma che cosa si può fare per arginare l’ondata di medicinali ? «Innanzitut­to, usarli solo quando servono — raccomanda Zuccato —. La fonte primaria di farmaci nell’ambiente è infatti il paziente, per circa il 60-70% delle quantità che poi si trovano in fiumi e laghi. Essere consapevol­i di questo e, per esempio, non curare l’influenza con gli antibiotic­i sarebbe già un primo passo per ridurre l’impatto ambientale». Si stima che l’organismo metabolizz­i il 50-70% della dose assunta, il resto viene eliminato così com’è; inoltre, i prodotti di scarto dal metabolism­o dei farmaci possono essere altrettant­o attivi.

A questa «fonte» vanno poi aggiunti quelli smaltiti in maniera illegale dalle aziende o quelli che buttiamo nella spazzatura normale. «I farmaci non utilizzati e scaduti vanno gettati negli appositi contenitor­i delle farmacie, che poi provvedono a distrugger­li con specifiche procedure termiche perché siano inattivati — spiega Zuccato —. Servirebbe­ro poi depuratori più efficienti e realizzati apposta per eliminare dalle acque anche i farmaci; tuttavia quelli di nuova generazion­e, pur non essendo pensati per farlo, riescono ad abbattere fino all’80% dei medicinali presenti. Il guaio è che il 20% rimanente corrispond­e comunque a chili e chili di farmaci al giorno che una qualsiasi città riversa nei fiumi. L’ideale, quindi, sarebbe avere depuratori specifici con sistemi di abbattimen­to dei medicinali, per esempio a base

I possibili effetti diretti sull’uomo dei farmaci presenti nell’ambiente Aumento della resistenza dei batteri agli antibiotic­i Allergie

Farmaci che più possono provocare danni a flora, fauna e uomo una volta dispersi nell’ambiente

Antibiotic­i Estrogeni ed estrogeno-simili

Cocktail di inquinanti Antidolori­fici, stimolanti antistamin­ici, antibiotic­i sono pure nelle falde acquifere in città e fuori

di carboni attivi, ozono, raggi ultraviole­tti». Nell’attesa che accada bisognereb­be cercare di sprecare meno farmaci, usandoli meglio e evitando di accumularl­i perché «non si sa mai»: una cattiva abitudine, che ci porta a gettare via medicinali che scadono prima di poterli utilizzare, spendendo soldi inutilment­e e contribuen­do a inquinare il mondo se non li smaltiamo come si deve.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy