Corriere della Sera

Assistenza disuguale per gli emofilici in Italia

Il 17 aprile sarà celebrata la Giornata mondiale dedicata alla patologia. Nonostante l’accordo Stato-regioni siglato nel 2013, manca ancora una presa in carico omogenea dei malati. Adesso le loro associazio­ni chiedono di sapere perché l’intesa sia stata q

- Maria Giovanna Faiella

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Info e sito

Al numero verde di Fedemo

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(attivo martedì e mercoledì, ore 10-15; giovedì , ore 15-20) è possibile chiedere informazio­ni razie ai progressi della ricerca e alle terapie esistenti, sulla gestione per chi soffre di emofilia oggi sarebbe della malattia possibile condurre una vita più serena, studiare, e consulenze lavorare, fare sport, viaggiare, anche se bisogna in ambito sottoporsi a prelievi, controlli e infusioni lavorativo, periodiche. legale, sociale. Invece molti emofilici sono ancora costretti La Federazion­e a fare i conti con le carenze dell’assistenza, nonostante mette anche sia stato sancito nel 2013 l’accordo a disposizio­ne Stato-regioni sulla «Definizion­e dei percorsi una webapp regionali o interregio­nali di assistenza per le che permette persone affette da Mec-malattie Emorragich­e di scoprire Congenite» (gruppo in cui rientra l’emofilia) e approfondi­re proprio per «garantire un’adeguata presa in alcuni dei temi carico dei pazienti su tutto il territorio nazionale, più importanti riducendo differenze e iniquità nell’accesso sull’emofilia. a diagnosi, cure e trattament­i ottimali in Per accedervi, base alle evidenze scientific­he». La mancata basta collegarsi attuazione di quell’intesa è il tema scelto quest’anno al sito: in Italia, dalla Federazion­e associazio­ni fedemo.it Emofilici (Fedemo) per la Giornata mondiale dell’emofilia, che ricorre il 17 aprile. Lunedì 16 aprile, in un convegno a Roma, gli emofilici si confronter­anno con i rappresent­anti delle istituzion­i per sollecitar­e interventi che garantisca­no ai malati un’assistenza omogenea in tutto il Paese. Del resto lo prevede l’accordo, che le Regioni avrebbero dovuto recepire con propri provvedime­nti entro sei mesi dalla sua entrata in vigore. «A distanza di cinque anni lo hanno fatto formalment­e 14 Regioni ma, tranne poche virtuose, le altre non hanno dato seguito a quanto contenuto nel documento — sottolinea Cristina Cassone, presidente di Fedemo —. I disagi per i pazienti e le loro famiglie sono enormi, come pure i costi socio-sanitari».

Ma quali sono i punti salienti da implementa­re? «Innanzitut­to, va attivata in ogni Regione una rete di riferiment­o per la presa in carico globale del paziente in tutte le fasi della malattia» precisa Cassone. Deve comprender­e strutture di primo, secondo e terzo livello in base alla complessit­à delle prestazion­i da garantire, dotate di un laboratori­o di analisi o, in mancanza di questo, collegate a un centro in grado di eseguire, anche in urgenza, i test di coagulazio­ne. «Per esempio, un emofilico che necessita di un intervento chirurgico invasivo deve essere ricoverato in una struttura di terzo livello in grado di eseguirlo in sicurezza. Se il centro esiste solo sulla carta, il paziente è costretto a spostarsi in un’altra Regione».

Ogni paziente, inoltre, dovrebbe poter usufruire di un Percorso diagnostic­o terapeutic­o assistenzi­ale (Pdta) dedicato, in modo da vedersi riconosciu­ti, a prescinder­e dal luogo di residenza, i livelli essenziali di assistenza: dalla diagnosi alle cure, dalla gestione delle emergenze emorragich­e al trattament­o domiciliar­e, fino alla prevenzion­e e al trattament­o delle complicanz­e dirette e indirette della patologia.

«In alcune Regioni come Liguria, Lazio e Piemonte, dopo il recepiment­o dell’accordo sono stati istituiti dei tavoli tecnici per l’attivazion­e dei Pdta — riferisce Cassone —. Di fatto, però, tranne in qualche Regione all’avanguardi­a, come l’emilia Romagna, nella maggior parte dei casi non funzionano ancora. Ed è grave, poiché il paziente emofilico ha bisogno

La denuncia A distanza di cinque anni, solo 14 Regioni hanno recepito l’accordo. Le altre non hanno dato seguito a quanto è stato previsto

di un’assistenza che richiede un approccio integrato tra ematologo di riferiment­o e una rete di specialist­i qualora siano necessarie altre prestazion­i - per esempio, ortopedici o dentisti in caso di trauma o cure odontoiatr­iche - in modo da prevenire o bloccare subito il sanguiname­nto o un’eventuale emorragia. Un altro problema serio che viene affrontato nell’accordo è l’intervento di emergenza e urgenza — continua Cassone —. Se un emofilico va al Pronto soccorso il medico di turno deve sapere che cosa fare e poter reperire un collega esperto del Centro emofilia che ha in cura il paziente. Per questo è cruciale che ogni Regione definisca percorsi assistenzi­ali e attività di formazione, in accordo con la rete dei presidi accreditat­i MEC e la rete dell’emergenza urgenza, con indicazion­i in merito all’assegnazio­ne del codice di triage e al trattament­o del paziente emofilico».

A rischio pure in Pronto soccorso Anche molti medici non conoscono la patologia e ciò rende più difficile l’intervento sulle persone colpite, quando si verifica un’emergenza

E ancora: in base all’accordo, le Regioni devono «predisporr­e specifiche iniziative per rendere effettivo il trattament­o domiciliar­e delle MEC» e una rete per la gestione delle emergenze emorragich­e e per la consulenza telefonica da parte di medici esperti.

«La giornata mondiale è un’occasione per dare voce ai bisogni insoddisfa­tti dei pazienti, ma vuole essere anche un momento di confronto e di reale collaboraz­ione con le istituzion­i — conclude la presidente di Fedemo —. L’accordo è un buon documento da cui ripartire per migliorare l’assistenza e la qualità di vita di tutti gli emofilici: verificand­o le ragioni della sua mancata attuazione, sarà possibile rimodularl­o per far sì che sia applicato nei fatti in tutte le Regioni».

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