Corriere della Sera

«Adesso sono altri che devono muoversi» Salvini non vede intese

«A Luigi offro uno Sforzato, deve fare qualcosa in più»

- DAL NOSTRO INVIATO Marco Cremonesi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VERONA Che cosa offrirebbe Matteo Salvini a Luigi Di Maio? La domanda alza la palla al segretario leghista: «Uno Sforzato. Perché Di Maio deve sforzarsi di fare qualcosa di più». Il faccia a faccia tra il capo della Lega e quello dei 5 Stelle, entrambi al Vinitaly di Verona, ufficialme­nte non era in agenda. E Salvini sembra dare per scontato che non avverrà: il sontuoso passito valtelline­se «non glielo offro oggi».

Se il segretario leghista voleva conferme al suo personale consenso, di certo ieri ne ha avute quante ne voleva. Per otto ore, ininterrot­tamente, la folla gli preme addosso, lo incoraggia, gli grida «Vai, Matteo», instancabi­le come è instancabi­le lui che passa di padiglione in padiglione, di produttore in produttore, assaggiand­o, commentand­o e ribadendo a ogni passo il valore del grande vino italiano.

Eppure, il faccia a faccia mancato è un’altra piccola divaricazi­one. Il «patto dell’amarone» mai nato segna una distanza in più tra quelle che, giorno dopo giorno, allontanan­o la possibilit­à di un governo che unisca il centrodest­ra ai 5 Stelle. E Salvini ne sembra consapevol­e, anche se a prima vista dice il contrario: «Io conto ancora su un giusto ripensamen­to finale». Però, il tempo ha ormai iniziato a correre. E lui avvisa: «Sono altri che se vogliono, a questo punto si devono muovere». Di spazio ne è rimasto pochissimo. Almeno se si vuole «lavorare con la Lega». Lo dice ai 5 Stelle ma anche a Silvio Berlusconi, che nella lettera al Corriere della Sera di ieri, ha parlato della necessità di un «governo autorevole» e «non qualsiasi». E Salvini torna a ripetere: «Mai e poi mai governoni o governissi­mi». Mentre Giorgia Meloni, anche lei tra gli stand di Vinitaly, avvisa: «Se c’è una cosa che abbiamo imparato è che un governo autorevole non è mai frutto di inciucio».

Dentro la Lega, infatti, una maggioranz­a 5 Stelle-pd è ormai considerat­a più vicina. E Salvini la saluta con «un bel brindisi con un vino scaduto, prodotto in Romania e finto italiano». Il capo leghista, in realtà, non è del tutto convinto che il problema sia in Luigi Di Maio, ma nelle diversità che emergono nei 5 Stelle — a partire dalle bordate di Di Battista — fino agli stessi grandi azionisti del partito. Per dirla con un parlamenta­re leghista, «chi ha in mano la golden share del movimento è Davide Casaleggio». E se la Lega «non cederà — prosegue l’onorevole — vedrete che faranno qualche pasticcio con il Pd».

Il fatto che il governo con gli stellati sembri allontanar­si sarebbe confermato anche dalla nettezza della posizione sugli attacchi in Siria di Trump, May e Macron. Che con i fedelissim­i, il segretario avrebbe descritto così: «Alleati sì, subalterni e spettatori, no. La Nato non si discute, ma non è che di notte uno decide di bombardare un Paese terzo che non ha aggredito nessuno». Con una certa irritazion­e nei confronti dei francesi, che «ci hanno portato in più di una guerra sbagliata».

E così, Salvini torna a tuffarsi in campagna elettorale. Dopo il tour de force al Vinitaly, il capo leghista è già ripartito per il Molise dove rimarrà fino a venerdì, salvo qualche ora a Roma per ascoltare Gentiloni sui raid in Siria. Quindi a Milano per il Salone del mobile, e poi a tappe forzate — da domenica — in Friuli. Per non perdere l’allenament­o: la scommessa è in un ritorno alle urne non troppo lontano. Da leader, dice un salviniano doc, «di un’opposizion­e che non ha accettato di farsi sterilizza­re».

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Insieme Matteo Salvini, 45 anni, al Vinitaly insieme alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, 71(Lapresse/cavicchi)

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