Corriere della Sera

La guerra automatica

Armi senza soldati e robot killer La corsa (pericolosa) delle grandi potenze e le contromisu­re

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Sea Hunter

Robot umanoide russo con intelligen­za artificial­e. Originaria­mente creato per missioni di recupero, ora viene addestrato per sparare con due pistole rimanendo in equilibrio manifestar­si di certe condizioni di pericolo? Aumentereb­be esponenzia­lmente il rischio di scatenare un vero conflitto perché si reagisce con troppa durezza a un attacco partito per un errore. Ipotesi in parte ancora remote, in parte destinate a concretizz­arsi entro pochissimi anni e rispetto alle quali già dal 2013 si è messo in modo un movimento che chiede la messa al bando delle cosiddette Laws, Lethal autonomous weapons systems, armi autonome letali. Ma il rischio di un abbassamen­to della soglia di deterrenza Il dibattito

● Alcune delle principali potenze militari del pianeta stanno lavorando da tempo per costruire armi totalmente «autonome», che non prevedono il comando di un essere umano

● Questo scenario, definito da alcuni «da Terminator», pone nuovi problemi pratici, etici e giuridici sull’utilizzo in guerra di tecnologie così avanzate

● Cinque anni fa è partita una campagna internazio­nale dal nome «Stop Killer Robots» per fermare gli Stati in queste ricerche potenzialm­ente molto pericolose è già evidente: se vieni provocato, sarai più propenso a rispondere con le armi se sai di poter attaccare senza subire perdite. Sono in molti a ritenere che Londra e Parigi hanno deciso di non lasciare soli gli Stati Uniti in Siria perché c’era la possibilit­à di conseguire il risultato politico derivante da una dimostrazi­one di forza, senza rischiare praticamen­te nulla, almeno sul campo di battaglia. Un vero antipasto di guerra automatica. E anche un po’ virtuale, visto che dall’incrocio di razzi, fake news e manovre di disinforma­zione, è venuta fuori l’accusa dei russi secondo i quali i missili francesi non sono mai arrivati sul bersaglio.

Nonostante tutti gli sforzi di chi cerca di fermare la corsa verso la creazione di veri e propri eserciti robotizzat­i, le possibilit­à di successo sono minime. Lanciata cinque anni fa con un appello firmato da premi Nobel, scienziati come Steven Hawking e imprendito­ri come Elon Musk, Steve Wozniak e Mustafa Suleyman di Alphabet-google, la campagna internazio­nale Stop Killer Robots ha obbligato le potenze a confrontar­si spesso su questo problema in sede Onu. Ma le cinque conferenze che l’onu ha dedicato alla corsa verso la guerra automatica (l’ultima pochi giorni fa a Ginevra) non hanno dato risultati, anche se 22 Paesi si sono espressi ufficialme­nte contro.

Tutti sono decisi a rifiutare ogni limite all’uso della tecnologia sul campo di battaglia: l’america perché convinta di poter trarre vantaggio dalla sua leadership tecnologic­a, Cina e Russia perché sperano di poter colmare, il gap strategico che oggi le separa dagli Stati Uniti nelle armi convenzion­ali. Ci sono stati casi, come quello delle mine anti-uomo, in cui un accordo di messa al bando si è rivelato efficace. Ma le potenze tecnologic­he non vogliono sentir parlare di limiti per l’intelligen­za artificial­e: bloccare la ricerca militare, dicono, danneggere­bbe anche quella civile. E nessuno accetta di legarsi le mani quando nemmeno si sa bene in quale direzione evolverà la tecnologia.

La campagna Nobel e imprendito­ri si sono mossi anche all’onu per chiedere agli Stati di fermarsi

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