Corriere della Sera

Processo al «Rasputin» Selmayr che fa tremare Juncker e i vertici Ue

Duello a Strasburgo sulla promozione del braccio destro del capo della Commission­e

- Dal corrispond­ente a Berlino Paolo Valentino

Se tutte le critiche (giuste e meno) o le accuse (vere e false) che i tribuni populisti sono soliti scagliare contro l’unione europea potessero incarnarsi in una sola persona, questa si chiamerebb­e Martin Selmayr. Anche a Bruxelles, i soprannomi che ha colleziona­to la dicono lunga su questo alto funzionari­o della Commission­e europea: da Rasputin a Mazarino, da «Principe della notte» a Frank Underwood, il carrierist­a senza scrupoli di House of Cards.

Tant’è. Quarantase­tte anni, tedesco di Bonn, una capacità di lavoro mostruosa, Selmayr era fino a febbraio il capo di gabinetto del presidente Jeanclaude Juncker. Europeista convinto, preparato, brillante e temuto perfino dai commissari, Selmayr ha concentrat­o nelle sue mani un potere immenso, al punto che in tanti nella capitale d’europa lo indicano con qualche esagerazio­ne come il burattinai­o di Juncker. Che abbia una concezione altissima di sé, è un fatto: all’apice della crisi greca, fu lui con un tweet a dire che una proposta di Atene rappresent­ava «una buona base per fare passi avanti al prossimo vertice sull’euro». Ci volle Wolfgang Schäuble in persona per rimetterlo in riga e ricordargl­i che «simili dichiarazi­oni non S e un’anatra zoppa è un leader che i suoi stessi alleati cercano di isolare e depotenzia­re, allora Angela Merkel inizia pericolosa­mente a rispondere alla definizion­e. Più delle voci, lo segnala il calendario di questo scorcio iniziale di questo che probabilme­nte sarà l’ultimo governo della cancellier­a tedesca. L’accordo dei suoi cristiano-democratic­i e dei cristiano-sociali con la Spd è rimasto appeso fino al 4 marzo scorso, in attesa che si pronuncias­sero in un referendum i militanti socialdemo­cratici.

Forse però il momento più emblematic­o per Merkel è arrivato il giorno dopo. Il 5 marzo i ministri delle Finanze di Olanda, Finlandia, Irlanda, Estonia, Lituania, Lettonia, Danimarca e Svezia hanno pubblicato un documento che contraddic­e lo spirito e molti dei punti specifici del programma europeo concordato da Merkel con la Spd. Gli otto respingono l’idea un bilancio dell’area euro per investimen­ti nei Paesi più fragili e chiedono procedure di default sul debito per i governi in difficoltà. Merkel e la Spd avevano cercato di aprire la strada a un accordo entro giugno con Francia o Italia sul governo dell’euro, basato su un equilibrio fra disciplina e risorse finanziari­e comuni. Gli otto Paesi del Nord hanno sbarrato la porta. ● Martin Selmayr, 47 anni, ex capo di gabinetto di Jean-claude Juncker, è stato nominato segretario generale della Commission­e, posto più alto nella gerarchia dei funzionari Ue I Paesi del Nord Europa che hanno firmato un documento contro investimen­ti nei Paesi più fragili dell’area euro spettano a un funzionari­o». Ma in febbraio, in meno di dieci minuti, Selmayr ha compiuto il balzo più formidabil­e della propria carriera, quello che però potrebbe perderlo per sempre. Più grave ancora, come in una tragedia shakespear­iana dove «quando una maestà finisce è un gorgo che tutto trascina con sé», la sua personale caduta potrebbe coinvolger­e Juncker, innescando una gravissima crisi politica ai vertici della Ue: «Se lui si dimette, vado via anch’io», ha detto il presidente della Commission­e.

Ricapitoli­amo i fatti. Il 21 febbraio scorso il collegio dei commissari nomina Selmayr vice-segretario generale della Commission­e. Subito dopo Juncker annuncia che il segretario generale, Alexander Italianer, andrà in pensione in anticipo e con procedura mozzafiato propone «nell’interesse del servizio» di nominare immediatam­ente al suo posto Selmayr, che ha appena acquisito i requisiti per l’incarico. I commissari sono basiti. Nessuno ne sapeva nulla. Quello di segretario generale è il posto più alto della gerarchia europea, il grand commis che guida una macchina complessa e delicata con quasi 30 mila dipendenti, un potere enorme. Eppure nessuno dice nulla, quasi fossero tramortiti dal colpo di mano di Juncker. E Selmayr diventa numero uno.

Dura poco. La bizzarria viene subito notata e raccontata da Libération, che contesta il mancato rispetto delle regole e ipotizza un piano minuziosam­ente preparato ed eseguito. La Commission­e, invece di spegnere subito l’incendio, difende la nomina a spada tratta. Messo sulla griglia da una commission­e dell’europarlam­ento, il commissari­o Günther Oettinger non concede nulla nella forma e nel merito: Selmayr è la scelta giusta, «fatta nella lettera e nello spirito delle procedure previste».

Sembra una soap opera, ma improvvisa­mente il caso Selmayr diventa politico. Un po’ per l’arroganza del personaggi­o, che dopo la nomina ha continuato a essere l’ombra di Juncker ovunque, come se guidasse ancora il suo gabinetto, In Germania per la prima volta la cancellier­a ha visto crescere alla propria destra una forza sciovinist­a come Alternativ­e für Deutschlan­d (al 15% nei sondaggi) e anche i conservato­ri della Cdu e della Csu ormai inseguono alcuni slogan: sui rifugiati, ma anche contro qualunque presunta «solidariet­à» verso gli altri Paesi dell’area euro. E in Europa il modello nazionalis­ta del premier ungherese Viktor Orbán esercita un fascino innegabile su larghi settori del centro-destra. Il fronte sovranista e euroscetti­co resta variegato — interno o alla destra del Partito popolare europeo, presente in Austria, in Baviera o in Ungheria — ma concorda su un punto: l’italia e gli altri Paesi vulnerabil­i vanno lasciati soli a gestire i propri problemi, dalle emergenze migratorie alla tenuta del debito.

È in questo quadro che Merkel somiglia sempre più a un’anatra zoppa, anche perché quasi tutti pensano che non si possa ripresenta­re alle elezioni tedesche del 2021. Tutto però si può dire della cancellier­a, meno che le manchi G. Oettinger fosse l’aula di Strasburgo o un vertice bilaterale. Ma soprattutt­o perché, di fronte al montare dello scandalo, il vecchio Juncker sbotta alla sua maniera, legando il suo destino (e di fatto di tutta la Commission­e) a quello del giovane protegé.

Il duello all’o.k. Corral comincia oggi a Strasburgo. La commission­e per il controllo del Bilancio vota una risoluzion­e che parla di «azione golpista» da parte di Juncker e lo critica severament­e. Ma fra i 129 emendament­i, ci sono anche la richiesta di dimissioni per Selmayr o la revoca della nomina. Mercoledì il testo va in plenaria. Sulla carta Juncker ha certi solo i voti dei suoi popolari, il gruppo più numeroso. L’esito della partita è aperto. Ci sono vecchi conti da regolare: il fronte che vuole far piazza pulita — liberali, verdi, euroscetti­ci ed eurofobi — potrebbe ampliarsi. Come da copione i socialisti sono divisi. Perfino molti deputati tedeschi vorrebbero dare una lezione a Selmayr. Juncker la scorsa settimana ha chiesto ai commissari solidariet­à incondizio­nata sulla vicenda. Gliel’hanno data, sia pur con qualche riserva espressa da Federica Mogherini e Pierre Moscovici. Il rischio rimane: non è solo per un punto, ma Martin rischia di perdere la cappa.

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La scelta di Selmayr è stata presa all’unanimità da tutti i commissari. La Commission­e ha agito senza indugio

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Insieme La cancellier­a Angela Merkel parla con il presidente della Commission e Europea Jean-claude Juncker durante un summit Ue a Bruxelles nell’ottobre del 2017. Sullo sfondo Martin Selmayr, l’allora capo di gabinetto di Jeanclaude Juncker che lo...
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L’ascesa

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