Corriere della Sera

Cambiare scarpa e bere in un calice

- Di Daniele Dallera

«Tenere i piedi in due scarpe». «I parenti sono come le scarpe: più sono stretti e più fanno male». Si rassegni Daniel Ricciardo, non riuscirà mai a far diventare un proverbio, che è saggezza, il suo vezzo di festeggiar­e una vittoria bevendo lo champagne in una sua scarpa (puzzolente). Chi mai può apprezzare un’azione simile, che va bene una volta, la prima, nata per scommessa e per far ridere, ma già alla seconda inizia a far ribrezzo. Che colpa ha quel meraviglio­so champagne, costato fatica e ingegno, proprio come la sua vittoria di ieri, per finire in una scarpa? Bravo Brundle a rifiutare («Già bevuto una volta, sono stato male tre settimane...»). Si ricordi Ricciardo, i contadini, «scarpe grosse e cervello fino» mai e poi mai berrebbero lo champagne (ma anche un altro vino) da una scarpa. Sanno bene quanto sia faticoso coltivare una vite a champagne e quanto sia buono e bello sorseggiar­lo in un calice.

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