La forza del «Saturday Night Live» è il mattatore Bisio
Va tutto bene, Claudio Bisio è molto bravo, ma perché chiamare lo show «Saturday Night Live»? Perché misurarsi con un modello inarrivabile e tanto diverso? Perché fingere di non sapere che i giovani conoscono l’originale? La formula di base inventata da Lorne Michaels nel 1975 è fra le più semplici e si basa su tre elementi essenziali: un cast di strepitosi comici, una guest star ogni volta diversa come presentatore e la migliore musica in circolazione. Dunque, un ospite più o meno famoso viene trasformato in conduttore. Sa che può contare su una performance live di grande livello, preferibilmente di genere rock, e una squadra di comici cui darsi in pasto, secondo l’estro e il suggerimento degli autori. Per questo politici, attori, personaggi pubblici, eroi per caso hanno condotto SNL.
Il «Saturday Night Live» proposto da Tv8 (nel 2006 c’era stato un penoso tentativo di Italia1) appartiene invece alla tradizione teatrale italiana, al cabaret, allo sketch. E ancora una volta ci tocca rimpiangere «Mai dire gol», lo show che più di ogni altro sapeva creare e valorizzare la comicità italiana (Mediaset non ci ha creduto, cedendo ad altre proposte) e che, fatte le dovute distinzioni, poteva avvicinarsi a SNL. A parte gli errori tecnici della prima puntata (che hanno fatto dubitare sulla diretta), il SNL italiano vive sulla bravura di Bisio, un vero mattatore, sulle parodie del Terzo Segreto di Satira, su alcuni sketch riusciti (i sottotitoli sbagliati della serie parte romana e partenopea Sguburra), sugli ospiti (meglio Giampaolo Morelli di Sabrina Ferilli; imbarazzante Rocco Siffredi).
Al SNL italiano manca l’energia fresca della stand up comedy (del resto, tolti Saverio Raimondo ed Edoardo Ferrario non è che ci sia molto da scegliere), il contributo imprevedibile degli ospiti. Ha però una struttura che, scorporata, sarà esca viva per l’on demand.