Corriere della Sera

Mafia Capitale, chiesta l’archiviazi­one per Zingaretti

Roma, il governator­e è accusato di falsa testimonia­nza. «Difesa della legalità è per me ragione di vita»

- Il. Sa.

La paura di testimonia­re ROMA contro l’ex Nar Massimo Carminati ma anche quella di dover rendere conto agli elettori del rapporto con gli imputati. Preoccupaz­ioni diverse (ma altrettant­o forti) che avrebbero prodotto una serie di reticenze, falsità e omissioni al processo di Mafia Capitale.

La Procura ha concluso le indagini nei confronti di diciotto testimoni fra i quali, in un primo momento, c’era anche il governator­e del Lazio. Nicola Zingaretti era accusato di aver reso una testimonia­nza lacunosa circa la gara del centro di prenotazio­ne unico della sanità.

Quella gara, nella tesi della Procura, fu manipolata dal re delle coop, Salvatore Buzzi, grazie (anche) a un accordo spartitori­o con l’ex braccio destro di Zingaretti, Maurizio Venafro. Al governator­e si contestava l’aver taciuto una serie di particolar­i ma, dagli approfondi­menti, non sono emersi riscontri e i pm hanno chiesto per lui (come per l’ex presidente del consiglio regionale Daniele Leodori) l’archiviazi­one. Sarà ora il gip a pronunciar­si.

Zingaretti aveva già ottenuto l’archiviazi­one anche per l’accusa di concorso in turbativa d’asta, formulata in seguito alle dichiarazi­oni del fondatore della coop «29 giugno». «La difesa della legalità è una ragione di vita per me» ha dichiarato ieri il governator­e. Resta indagata, invece, l’ex deputata e responsabi­le del welfare pd, Micaela Campana che «negava reiteratam­ente di ricordare numerose circostanz­e della sua vita politica e personale» fra cui l’interlocuz­ione con varie persone per promuovere un’interrogaz­ione parlamenta­re teoricamen­te pro-buzzi.

Indagato anche l’ex vice ministro all’interno Filippo Bubbico che avrebbe negato sia un incontro con Buzzi sia, più in generale, il proprio interessam­ento all’accoglienz­a degli immigrati gestita dalle coop.

Tra quanti avrebbero mentito pur di ridimensio­nare la portata intimidato­ria di Massimo Carminati si segnalano due casi. Quello dell’ex capo della segreteria di Gianni Alemanno, Antonio Lucarelli, che in aula ha negato sia la conoscenza dell’ex Nar che i rapporti con Buzzi. E quello del collaborat­ore di giustizia Roberto Grilli che pur di smentire le sue precedenti dichiarazi­oni — tutte accusatori­e nei confronti di Massimo Carminati — si sarebbe auto calunniato e avrebbe calunniato il suo ex difensore, Alessandro Capogrossi.

Sotto accusa per falso ideologico, infine, l’ex funzionari­o capitolino dell’assessorat­o alle politiche sociali, Angelo Scozzafava: mentì sui lavori in un campo nomadi pur di favorire le coop.

Turbativa

Il governator­e aveva ottenuto l’archiviazi­one anche per concorso in turbativa d’asta

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