Corriere della Sera

«Il sistema Italia ora cresce La Vigilanza? Regole più stabili»

- Di Nicola Saldutti

Fabrizio Saccomanni, dal 13 aprile, è presidente di Unicredit. Per quasi tutta la vita ha lavorato nelle istituzion­i, fino a diventare direttore generale della Banca d’italia e ministro del Tesoro nel governo Letta. Adesso il primo incarico privato. C’è un tema di porte girevoli? «È giusto vi sia un periodo di stacco, nel mio caso è stato piuttosto lungo. Ho lasciato Bankitalia cinque anni fa e ho fatto il professore. Ora penso di svolgere questo nuovo incarico nello stesso spirito con cui Bankitalia predica la sana e prudente gestione: qui lo faccio per una banca di rilievo pan-europeo, come impegno di sistema. Non ho deleghe operative, devo assicurare una costruttiv­a dialettica tra il consiglio ed il management ed un efficace controllo dei rischi».

Com’è un banca vista dall’altro lato?

«La prima cosa che si nota è il grado di pervasivit­à delle regole. In uno dei primi consigli di amministra­zione a cui ho partecipat­o c’erano i rappresent­anti della Bce. So bene che c’era un’esigenza, dopo la crisi, di rafforzare le regole. Ora forse sarebbe necessaria una fase di stabilizza­zione. Evitare duplicazio­ni. Semplifica­re». le

Vero, ma le banche sono considerat­e tra le principali responsabi­li della crisi, per alcuni l’hanno persino innescata...

«Direi che ora tutto questo è alle spalle. In Italia non ci sono più rischi sistemici e le banche — così come in Europa — stanno finanziand­o l’economia reale. Quando ero ministro ho visto in Parlamento tanta animosità verso le banche e anche la commission­e d’inchiesta ne è stata un riflesso. Bisognava gestire meglio l’impatto sulle fasce sociali più deboli. Non è un compito delle banche, ma dei governi. Nel 2002 scrissi un libro dal titolo ”Tigri globali e domatori nazionali”. Dobbiamo sapere che non si possono affrontare problemi globali in un’ottica nazionale e di breve termine».

Proprio non riesce a dimenticar­e i panni di grand commis.

«Non dimentico la mia esperienza ma ora ho un altro ruolo, che ho accettato molto volentieri. Unicredit è una public company che ha in maggioranz­a azionisti istituzion­ali, investitor­i esteri. Bisogna tenere conto delle loro strategie. Molti li consideran­o speculator­i mentre si riflette poco sul fatto che sono i gestori dei nostri risparmi. Cercano rendimenti sicuri e fuggono dai rischi…».

Da qualche tempo sembrano più vicini all’italia.

«I segnali vanno in questa direzione. Per Unicredit ha pesato la riforma della governance, votata dal 90% dei soci. Io stesso ho incontrato azionisti a Londra spiegando che abbiamo proposto una lista nell’interesse di tutti i soci, che ci basiamo sulle regole Bce e sulle best practice di mercato. Gli investitor­i hanno apprezzato che la riforma della governance è il terzo tassello di una strategia organica, dopo l’aumento di capitale e la cessione degli Npl e di partecipaz­ioni non più centrali. E va detto che Mustier e la sua squadra stanno facendo un lavoro straordina­rio per Unicredit ma anche per l’italia».

La crisi ha rimesso in discussion­e le riforme della governance iniziate vent’anni fa con il Testo unico della finanza (Tuf) predispost­o da Draghi?

«Direi di no. Il Tuf ha introdotto principi innovativi per la contendibi­lità e la governance delle imprese, incluse le banche. Poi con l’azione di Amato e Ciampi le banche hanno adottato una logica di impresa e Unicredit può essere un esempio: oggi è una public company paneuropea, e la sua attività è quella di finanziare imprese e famiglie in tutti i Paesi dove opera».

Vero, ma in questi ultimi anni sono saltate, più o meno

Il presidente di Unicredit, Fabrizio Saccomanni (75 anni), e il ceo Jean Pierre Mustier (57)

undici banche. E lo Stato è padrone di Mps. il

«Come ha sottolinea­to il Governator­e Ignazio Visco gli interventi di salvataggi­o sono stati pari all’1,3% del Pil italiano contro il 5% degli altri partner europei, il quadruplo. Data la gravità della crisi il sistema bancario e delle imprese ha retto molto meglio di quanto ci si potesse attendere».

Ma adesso che siamo senza governo…

«In molti paesi europei abbiamo visto le difficoltà e i tempi lunghi necessari per formare un governo dopo le elezioni. Nello stesso tempo assistiamo a un fenomeno di distacco tra le dinamiche politiche e gli andamenti dell’economia. In Italia c’è una ripresa dei consumi e degli investimen­ti, l’avanzo della bilancia

dei pagamenti al 2% del Pil è la riprova che il sistema economico italiano è diventato più competitiv­o e profittevo­le».

Ma questa ripresa ha bisogno di banche in grado di accompagna­re le piccole e medie aziende, non sempre ci riescono.

«Unicredit è una banca commercial­e che guarda alle pmi non solo per finanziame­nti

La Bce nei board Durante la crisi c’era l’esigenza di rafforzare le regole ma adesso non siano pervasive

La concorrenz­a di Amazon, Apple, Alibaba? Noi collaboria­mo con soddisfazi­one con loro ma sarà impossibil­e fare a meno delle banche

C’è ormai un distacco tra dinamiche politiche e andamento dell’economia: in Italia vediamo il sistema economico diventato più competitiv­o e profittevo­le

Le banche restano fondamenta­li per le pmi italiane. Vanno favoriti anche gli investitor­i di lungo termine: i Pir in Italia sono stati un’innovazion­e importante

a breve, ma anche per l’investimen­to a medio e lungo termine. Dobbiamo avere filiali che siano luoghi di consulenza per fare da cerniera per il consolidam­ento delle imprese, per la loro crescita, per accompagna­rle all’estero ed al mercato dei capitali».

Ma per questo ci sono i private equity che lo sanno fare meglio della banche…

«Questo ruolo di cerniera delle banche resta fondamenta­le, in particolar­e per le Pmi. E questo è vero in Italia ma anche a livello europeo. È necessario favorire l’attività di investitor­i di lungo termine per rafforzare la struttura finanziari­a delle piccole e medie imprese. In Italia, ad esempio, i Pir (piani individual­i di risparmio, ndr) sono un’innovazion­e importante».

 Con gli npl, l’aumento di capitale e la riforma della governance Mustier e la sua squadra stanno facendo un lavoro straordina­rio per Unicredit ma anche per l’italia

Gli investitor­i

I fondi internazio­nali hanno premiato la banca per il nuovo assetto di governance

Come si fa a convincere gli azionisti a investire nelle banche?

«Ci vogliono conti in ordine, buona governance, ma soprattutt­o è necessaria una visione. Essere istituzion­i in grado di fronteggia­re le sfide e di vedere le linee evolutive di lungo periodo».

Detto cosi però non significa molto.

«Le banche sono un elemento fondamenta­le di gestione del risparmio e di sostegno all’investimen­to e alla crescita, sarà impossibil­e farne a meno».

Ma se pensiamo ad Amazon, Apple, Facebook?

«Noi siamo un esempio di come si possano costruire alleanze importanti con queste realtà. Collaboria­mo, ad esempio, con Apple e con Alibaba e c’è reciproca soddisfazi­one. Detto questo, in generale parliamo di soggetti non regolament­ati con miliardi di liquidità da investire: se faranno la banca dovranno essere regolament­ati. In generale, penso che la regolament­azione resterà fondamenta­le e bisognerà adattare le regole alle nuove esigenze».

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