«Il sistema Italia ora cresce La Vigilanza? Regole più stabili»
Fabrizio Saccomanni, dal 13 aprile, è presidente di Unicredit. Per quasi tutta la vita ha lavorato nelle istituzioni, fino a diventare direttore generale della Banca d’italia e ministro del Tesoro nel governo Letta. Adesso il primo incarico privato. C’è un tema di porte girevoli? «È giusto vi sia un periodo di stacco, nel mio caso è stato piuttosto lungo. Ho lasciato Bankitalia cinque anni fa e ho fatto il professore. Ora penso di svolgere questo nuovo incarico nello stesso spirito con cui Bankitalia predica la sana e prudente gestione: qui lo faccio per una banca di rilievo pan-europeo, come impegno di sistema. Non ho deleghe operative, devo assicurare una costruttiva dialettica tra il consiglio ed il management ed un efficace controllo dei rischi».
Com’è un banca vista dall’altro lato?
«La prima cosa che si nota è il grado di pervasività delle regole. In uno dei primi consigli di amministrazione a cui ho partecipato c’erano i rappresentanti della Bce. So bene che c’era un’esigenza, dopo la crisi, di rafforzare le regole. Ora forse sarebbe necessaria una fase di stabilizzazione. Evitare duplicazioni. Semplificare». le
Vero, ma le banche sono considerate tra le principali responsabili della crisi, per alcuni l’hanno persino innescata...
«Direi che ora tutto questo è alle spalle. In Italia non ci sono più rischi sistemici e le banche — così come in Europa — stanno finanziando l’economia reale. Quando ero ministro ho visto in Parlamento tanta animosità verso le banche e anche la commissione d’inchiesta ne è stata un riflesso. Bisognava gestire meglio l’impatto sulle fasce sociali più deboli. Non è un compito delle banche, ma dei governi. Nel 2002 scrissi un libro dal titolo ”Tigri globali e domatori nazionali”. Dobbiamo sapere che non si possono affrontare problemi globali in un’ottica nazionale e di breve termine».
Proprio non riesce a dimenticare i panni di grand commis.
«Non dimentico la mia esperienza ma ora ho un altro ruolo, che ho accettato molto volentieri. Unicredit è una public company che ha in maggioranza azionisti istituzionali, investitori esteri. Bisogna tenere conto delle loro strategie. Molti li considerano speculatori mentre si riflette poco sul fatto che sono i gestori dei nostri risparmi. Cercano rendimenti sicuri e fuggono dai rischi…».
Da qualche tempo sembrano più vicini all’italia.
«I segnali vanno in questa direzione. Per Unicredit ha pesato la riforma della governance, votata dal 90% dei soci. Io stesso ho incontrato azionisti a Londra spiegando che abbiamo proposto una lista nell’interesse di tutti i soci, che ci basiamo sulle regole Bce e sulle best practice di mercato. Gli investitori hanno apprezzato che la riforma della governance è il terzo tassello di una strategia organica, dopo l’aumento di capitale e la cessione degli Npl e di partecipazioni non più centrali. E va detto che Mustier e la sua squadra stanno facendo un lavoro straordinario per Unicredit ma anche per l’italia».
La crisi ha rimesso in discussione le riforme della governance iniziate vent’anni fa con il Testo unico della finanza (Tuf) predisposto da Draghi?
«Direi di no. Il Tuf ha introdotto principi innovativi per la contendibilità e la governance delle imprese, incluse le banche. Poi con l’azione di Amato e Ciampi le banche hanno adottato una logica di impresa e Unicredit può essere un esempio: oggi è una public company paneuropea, e la sua attività è quella di finanziare imprese e famiglie in tutti i Paesi dove opera».
Vero, ma in questi ultimi anni sono saltate, più o meno
Il presidente di Unicredit, Fabrizio Saccomanni (75 anni), e il ceo Jean Pierre Mustier (57)
undici banche. E lo Stato è padrone di Mps. il
«Come ha sottolineato il Governatore Ignazio Visco gli interventi di salvataggio sono stati pari all’1,3% del Pil italiano contro il 5% degli altri partner europei, il quadruplo. Data la gravità della crisi il sistema bancario e delle imprese ha retto molto meglio di quanto ci si potesse attendere».
Ma adesso che siamo senza governo…
«In molti paesi europei abbiamo visto le difficoltà e i tempi lunghi necessari per formare un governo dopo le elezioni. Nello stesso tempo assistiamo a un fenomeno di distacco tra le dinamiche politiche e gli andamenti dell’economia. In Italia c’è una ripresa dei consumi e degli investimenti, l’avanzo della bilancia
dei pagamenti al 2% del Pil è la riprova che il sistema economico italiano è diventato più competitivo e profittevole».
Ma questa ripresa ha bisogno di banche in grado di accompagnare le piccole e medie aziende, non sempre ci riescono.
«Unicredit è una banca commerciale che guarda alle pmi non solo per finanziamenti
La Bce nei board Durante la crisi c’era l’esigenza di rafforzare le regole ma adesso non siano pervasive
La concorrenza di Amazon, Apple, Alibaba? Noi collaboriamo con soddisfazione con loro ma sarà impossibile fare a meno delle banche
C’è ormai un distacco tra dinamiche politiche e andamento dell’economia: in Italia vediamo il sistema economico diventato più competitivo e profittevole
Le banche restano fondamentali per le pmi italiane. Vanno favoriti anche gli investitori di lungo termine: i Pir in Italia sono stati un’innovazione importante
a breve, ma anche per l’investimento a medio e lungo termine. Dobbiamo avere filiali che siano luoghi di consulenza per fare da cerniera per il consolidamento delle imprese, per la loro crescita, per accompagnarle all’estero ed al mercato dei capitali».
Ma per questo ci sono i private equity che lo sanno fare meglio della banche…
«Questo ruolo di cerniera delle banche resta fondamentale, in particolare per le Pmi. E questo è vero in Italia ma anche a livello europeo. È necessario favorire l’attività di investitori di lungo termine per rafforzare la struttura finanziaria delle piccole e medie imprese. In Italia, ad esempio, i Pir (piani individuali di risparmio, ndr) sono un’innovazione importante».
Con gli npl, l’aumento di capitale e la riforma della governance Mustier e la sua squadra stanno facendo un lavoro straordinario per Unicredit ma anche per l’italia
Gli investitori
I fondi internazionali hanno premiato la banca per il nuovo assetto di governance
Come si fa a convincere gli azionisti a investire nelle banche?
«Ci vogliono conti in ordine, buona governance, ma soprattutto è necessaria una visione. Essere istituzioni in grado di fronteggiare le sfide e di vedere le linee evolutive di lungo periodo».
Detto cosi però non significa molto.
«Le banche sono un elemento fondamentale di gestione del risparmio e di sostegno all’investimento e alla crescita, sarà impossibile farne a meno».
Ma se pensiamo ad Amazon, Apple, Facebook?
«Noi siamo un esempio di come si possano costruire alleanze importanti con queste realtà. Collaboriamo, ad esempio, con Apple e con Alibaba e c’è reciproca soddisfazione. Detto questo, in generale parliamo di soggetti non regolamentati con miliardi di liquidità da investire: se faranno la banca dovranno essere regolamentati. In generale, penso che la regolamentazione resterà fondamentale e bisognerà adattare le regole alle nuove esigenze».