Corriere della Sera

«Canto contro i miti dell’apparenza»

Maria Antonietta, promessa indie: «Il nome d’arte è l’omaggio a una donna sfortunata»

- Andrea Laffranchi

N on è un momento buono per la musica al femminile. Sarà che trap e musica latina, i due generi dominanti, vivono al maschile, ma dopo anni di dominio nelle classifich­e mondiali le donne sembrano arretrare. Figuriamoc­i nella nicchia del nuovo cantautora­to italiano dove storicamen­te le ragazze sono state in minoranza. Levante si è fatta un nome, la prossima potrebbe essere Maria Antonietta. Dopo i primi due album sembrava sparita. «Deluderti», terzo album della carriera, arriva a quattro anni dal precedente. «In questo lungo periodo mi sono dedicata alla lettura di poesie. La frequentaz­ione di Emily Dickinson, Sylvia Plath, Cristina Campo, Antonia Pozzi e altre mi ha rinnovato la voglia di partecipar­e di questa bellezza e di scrivere canzoni», racconta.

Si è da poco laureata in Storia dell’arte con una tesi sulle pratiche sommerse della creatività femminile e sulla questione quote rosa musicali la vede così: «Esprimersi e realizzars­i ● Maria Antonietta (1755-1793) è il nome d’arte scelto da Letizia Cesarini. «La regina di Francia, moglie di Luigi XVI era una straniera nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Ha catalizzat­o su di sé l’odio del popolo. L’ho scelta come metafora della semplifica­zione, della difficoltà del fare arrivare agli altri chi sei» è un diritto-dovere meno facile da esercitare per una donna. Internet e i social hanno tolto dei filtri e ho sperimenta­to sulla mia pelle reazioni cariche di astio. C’è meno abitudine al fatto che una donna possa avere certe posizioni, magari anche spigolose. Per chi si avvicina a una dimensione pubblica può essere destabiliz­zante».

«Deluderti» è una raccolta di canzoni che ruotano attorno al senso di inadeguate­zza. «Spesso per non deludere gli altri, ma anche noi stessi, semplifich­iamo quello che pensiamo. Si diventa adulti quando ci si permette di deludere queste aspettativ­e». Viviamo in un’epoca in cui i social spingono nella direzione opposta, a creare aspettativ­e, a esaltare quello che forse non siamo. «Senza like sembra che non valiamo nulla. Allora penso a Emily Dickinson: avrà pubblicato un paio di poesie quando era in vita, la sua era una ricerca privata».

«Deluderti» non è un disco cupo. Non lo è nella musica perché «ho cercato di tenere luce nei suoni», e non lo è nei testi perché «determinat­i sentimenti e certe oscurità li esplori se sei nella luce».

Un nome d’arte come il suo, quello vero è Letizia Cesarini, di aspettativ­e ne crea… «È stata una donna che ha sofferto. Era una straniera nel posto sbagliato e nel momento sbagliato: ha catalizzat­o su di sé l’odio del popolo. L’ho scelta come metafora della semplifica­zione, «Deluderti» Maria Antonietta, pseudonimo di Letizia Cesarini (30): «Deluderti» è il suo nuovo cd della difficoltà del fare arrivare agli altri chi sei».

Nei testi delle nuove canzoni, che sta portando in tour, c’è una forte presenza della natura: «Vivo nei boschi attorno a Senigallia e vedo il mare: questo ha avuto la sua influenza. E poi la poesia mi ha avvicinato alla teologia del creato. Che per me è il tuo prossimo, un modo per conoscere Dio. Rispetto al passato lo cito meno che ora sento come un interlocut­ore attraverso la natura». Nel music business la spirituali­tà non è moneta di scambio. «Niente boicottagg­i ma nemmeno approvazio­ni. A qualcuno è sembrato un elemento estetico, per me è qualcosa che parte dalla fede».

Tutta colpa di papà. Sia per quanto riguarda la musica: «Faceva il deejay a fine anni 70». Sia per quanto riguarda la spirituali­tà: «Lavora ai musei civici di Pesaro e da piccola andavamo in vacanza a visitare monasteri e pinacotech­e: quei luoghi ti mettono in contatto con un’energia bella».

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Regina

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