Corriere della Sera

Il Molise ha votato, in pochi alle urne La sfida tra Movimento e centrodest­ra

La doppia partita per la leadership con il M5S che punta al primo governator­e

- DALLA NOSTRA INVIATA Virginia Piccolillo

CAMPOBASSO La politica li ha corteggiat­i, blanditi, vezzeggiat­i, ma i molisani ieri a votare non ci sono andati in massa. Anzi. Soprattutt­o nei paesini hanno snobbato quello che i partiti volevano utilizzare come un test per acquisire peso specifico nelle consultazi­oni di governo.

L’affluenza (che alle 23 era del 52,2 rispetto al 71,6 del 4 marzo) si è fermata al di sotto del 71 per cento delle recenti politiche (il dato non è ancora ufficiale), nonostante i leader nazionali (da Luigi Di Maio, a Matteo Salvini, a Silvio Berlusconi, a Giorgia Meloni) che hanno percorso, molti per la prima volta, le strade — a tratti ancora simili a tratturi — di questa regione affascinan­te ma mai valorizzat­a, a caccia di voti. Gli elettori invece, complice forse la giornata splendida del primo ponte di primavera, hanno quasi disertato le urne soprattutt­o nei piccoli centri. Anche a Montefalco­ne del Sannio in provincia di Campobasso, malgrado tra le scrutatric­i ci fosse una finalista di Miss Italia, Rachele Del Borrello.

Malgrado il basso numero di votanti, lo spoglio è andato avanti fino a tarda notte. Lasciando ipotizzare, sulla base delle prime schede scrutinate, un testa a testa fra Cinque Stelle e Centrodest­ra. Anche se l’astensioni­smo ha reso ancora più complesso scambiare questo risultato per un tempo supplement­are delle elezioni nazionali, i risultati definitivi, che verranno certificat­i in mattinata, avranno comunque un’influenza sulla doppia sfida in gioco.

Quella del Movimento 5 Stelle, partito più votato alle politiche (qui in Molise con un plebiscito di 44,79% con 78mila voti) chiamato, nella battaglia per Palazzo Chigi, a misurarsi con gli altri «primi» eletti: la coalizione di centrodest­ra (che qui ha raccolto il 29,81% con 51.981 voti, battendo la coalizione di centrosini­stra che ha ottenuto complessiv­amente il 18,14%, con 31.629 voti, gran parte, il 15,2% andati al Pd).

E intenziona­to a dimostrare che il trend positivo non è stato intaccato né dallo stallo delle trattative per il governo, né dalla politica del «doppio forno» che li fa lanciare appelli alla Lega senza escludere un futuro accordo col Pd. Ma soprattutt­o il derby tra Salvini e Berlusconi per chi debba cedere il passo nelle strategie da seguire nelle consultazi­oni. Il 4 marzo, in Molise Forza Italia aveva avuto il 16,1% dei voti e la Lega 8,67%.

Ai seggi ieri tutto ciò sembrava molto lontano. La sfida era più tra la voglia della «spallata» ad un sistema «vecchio», identifica­ta con il voto ai Cinque Stelle. E il voto di af-

fetto: quello da dare a un parente, un conoscente, un amico assoldato nell’esercito degli oltre 300 candidati. Solo il centrodest­ra ne aveva 180, nelle 9 liste presentate a sostegno di Donato Toma. Il centrosini­stra altri circa 100 nelle cinque liste a supporto di Carlo Veneziale. Mentre in appoggio di Andrea Greco del M5s e di Agostino Di Giacomo di Casapound c’erano, rispettiva­mente, una lista e 20 candidati.

Facile incontrare tra quei nomi qualcuno a cui non si può dire di no. «Il cancro di questa regione è sempre stato il clientelis­mo», spiegava all’uscita del seggio il vescovo di Termoli, Gianfranco De Luca. «Non è voto di scambio — chiariva — È solo quasi una questione di paese. In una regione dove molti, soprattutt­o menti eccellenti, sono stati costretti ad andare via, è facile per i capi bastone controllar­e le piccole realtà. A volte anche cambiando referente politico. Così facendo però non viene selezionat­a una classe dirigente all’altezza di creare uno sviluppo in questa regione che proprio nella sua arretratez­za potrebbe trovare il suo tesoro: pensiamo solo ad un turismo di qualità, ma anche all’agricoltur­a. Ecco perché molti cercano il nuovo».

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