Nahles l’ex guastafeste dovrà ricostruire la Spd dalle macerie
Prima leader dei socialdemocratici tedeschi Dalla sinistra alla difesa del governo Merkel
Per la prima volta negli oltre 150 anni della sua storia, la socialdemocrazia tedesca in cerca d’autore sceglie una donna come presidente. Andrea Nahles, 47 anni, laureata in germanistica e filosofia, madre singola, è stata eletta alla guida della Spd con 414 voti su 624, una percentuale del 66,3% notevolmente inferiore alle attese. Ben 172 delegati hanno infatti votato la sconosciuta candidata alternativa, il borgomastro di Flensburg Simone Lange, che ha finito per catalizzare il disagio e l’inquietudine della sinistra del partito di fronte alla scelta di entrare per la terza volta in un governo di Grosse Koalition sotto la guida di Angela Merkel.
Il congresso straordinario di Wiesbaden conferma le insicurezze e l’angst esistenziale della Spd, ai minimi storici nel favore popolare, ma soprattutto smarrita in una nebbia programmatica, che spetta ora a Nahles diradare intorno a un progetto ancora tutto da definire. La nuova leader, che mantiene la carica di capogruppo al Bundestag, ci ha provato ieri, con la sua retorica emotiva, combattiva e a tratti gergale, in un discorso di mezz’ora, che non ha però entusiasmato veramente la platea. «Si può rinnovare un partito anche stando al governo e da domani ve lo dimostrerò, ma i nostri ministri non potranno fare un buon lavoro se non hanno il nostro pieno sostegno», ha detto rivolta a quanti temono che l’ennesima esperienza al potere possa rivelarsi un suicidio politico.
Nahles ha indicato nella solidarietà la chiave irrinunciabile del nuovo paradigma socialdemocratico, accanto ai due pilastri tradizionali della libertà e della giustizia sociale: «La solidarietà è quella che manca di più nel mondo globalizzato, neo-liberale e iperdigitalizzato». Detto altrimenti, è ai perdenti della globalizzazione che deve essere orientato il nuovo messaggio delle socialdemocrazie: «Buone università e scuole gratuite, un’economia dove i benefici raggiungano tutti, posti di lavoro anche nelle regioni più deboli».
È un compito titanico, quello che ha davanti Andrea Nahles, che prese la tessera della Spd a 18 anni e che nell’anno della maturità, sul giornalino della scuola, scrisse che il suo sogno era di diventare «casalinga o cancelliera federale». Nel 1995 divenne capo degli Jusos, i giovani socialdemocratici, tradizionale palestra della sinistra del partito. Eletta al Bundestag per la prima volta nel 1998, Nahles nella Spd ha spesso giocato nel ruolo di guastafeste. È stata una delle spine nel fianco di Gerhard Schröder, del quale non condivise le riforme del mercato del lavoro e del welfare introdotte con l’agenda 2010. Nel 2005 provocò le dimissioni da presidente di Franz Müntefering, candidandosi a segretario generale e battendone il candidato, salvo poi dimettersi per evitare una crisi. Segretario della Spd lo è stata dal 2009 al 2013, quando poi diventò ministro del lavoro e degli Affari Sociali nella seconda Grosse Koalition, guidata da Angela Merkel. È stata Nahles a introdurre in Germania il salario minimo garantito per legge e ad abbassare l’età pensionistica a 63 anni, con 45 anni di contributi.
Celebre per il suo linguaggio popolare, infarcito di espressioni infantili e di battute brucianti, dopo le elezioni del 2017 e l’iniziale decisione di stare all’opposizione, Nahles aveva promesso metaforiche «sberle» alla Cdu. Una frase che in molti oggi le rimproverano. Ora che è stata chiamata a salvare la Spd, Nahles si è già meritata un appellativo: die Trummerfrau, la donna delle rovine. Così sono passate alla Storia, autentiche icone della memoria collettiva, le migliaia di donne tedesche che subito dopo la guerra rimossero le macerie degli edifici nelle città della Germania distrutte dai bombardamenti, letteralmente spianando la strada alla ricostruzione. Ci proverà lei, la figlia di un muratore del Palatinato, a ricostruire dalle rovine il più antico partito tedesco.