Religione, cultura o soldi: sempre più minoranze sognano la secessione Senza però lasciare l’ue, che ora ha tre possibilità
Galles, Isola di Man, Cornovaglia e al di sotto della Manica in Bretagna. Edimburgo è arrivata a un passo dalla secessione dal Regno Unito nel referendum del 2014 con i sì al 44,7%. Nella Bretagna francese, nel 2013 un sondaggio ha mostrato che il 18% degli abitanti appoggia l’indipendenza da Parigi e che il 37% si considera prima bretone che francese.
Altrettanto antica è l’identità basca. Il gruppo terroristico Eta, mezzo secolo di azioni e 800 vittime sulla coscienza, ha deposto le armi nel 2011, ma l’idea di essere diversi, resta. In Irlanda del Nord il tema è religioso. Dopo 3568 morti e pace fatta con Londra, c’è sempre un quasi 50% di abitanti a cui piacerebbe passare dalla protestante Londra alla cattolica Dublino.
Gli irredentismi recenti
Più recenti sono le radici di altri irredentismi. Quello catalano data 1714. Le varie minoranze linguistiche sono relitti di sconfitte dell’impero Asburgico e del Terzo Reich. I bavaresi confederati alla Prussia dal 1867 non hanno potuto tenere una consulta secessionista due anni fa perché anti costituzionale, ma dai sondaggi quasi uno su tre sarebbe per l’indipendenza.
Piccolo è bello e, forse, anche efficiente dal punto di vista micro-amministrativo, ma senza il
Le strade per il futuro Unione debole o Stati Uniti d’europa L’ipotesi in vantaggio è la «doppia velocità»
cappello dell’unione Europea si tornerebbe alla giungla dove il più forte mangia il debole e, con buona pace delle cornamuse e delle lingue fossili, i più forti sarebbero asiatici, e americani.
Come se ne esce?
Sul tavolo due ipotesi estreme e una realistica.
La prima. L’UE resta un club di Stati tradizionali che non cedono potere e reprimono le frammentazioni. È l’unione debole che esiste oggi dove Madrid si tiene Barcellona e dove gli ungheresi rifiutano gli immigrati sbarcati a Lampedusa perché tanto è un problema italiano.
La seconda. Nascono gli Stati Uniti d’europa — e parliamo dei 19 Stati che hanno adottato l’euro — dove politica estera, fiscale, finanziaria, economica e di difesa sono a Bruxelles, mentre educazione e sanità sono amministrati localmente. A quel punto se Catalogna, Scozia, o Bretagna volessero stare per conto loro, importerebbe poco.
La soluzione più probabile, invece sarà una terza, già sostanzialmente nell’agenda dei governi più europeisti. Un’eurozona a più velocità, dove gli Stati cedono lentamente solo alcune competenze economiche a Bruxelles, giusto quel che serve per avere l’illusione di reggere l’urto con i giganti mondiali. Il tutto senza mai rinunciare alla vecchia sovranità. In sostanza né carne né pesce.