Gamberale: «Tim, con le prepagate la vera rivoluzione Ora serve un time out»
Aiutato dall’esperienza e dalle indubbie capacità oltre che da un carattere tosto, l’ingegner Vito Gamberale può parlare di Telecom e tlc senza peli sulla lingua. Come ha fatto ieri su La7, nel «Faccia a faccia» con Giovanni Minoli. Non è stato (solo) un amarcord, quello del 73enne ex direttore generale di Tim, l’inventore delle carte prepagate che lanciarono nel mondo la telefonia mobile, ma un richiamo ai partiti a stare attenti alla politica industriale del Paese, come avveniva nella Prima Repubblica: perché Tim, spiega, non deve rischiare di venire devastata da lotte giudiziarie e di mercato tra i francesi di Vivendi e gli americani del fondo Elliott che si contenderanno, domani, il consiglio in assemblea. Gamberale riconosce che con l’arrivo di Amos Genish per la prima volta in venti anni la guida di Tim è affidata a un uomo di industria, anche se l’arrivo dei francesi è stato «scomposto». Invece gli americani, che nel 1999 sostennero l’opa a debito di Roberto Colaninno su Telecom, proprio non gli piacciono: «Mi fanno pensare allo Stephen King di “A volte ritornano” un cult della letteratura horror». E hanno piani «opachi». Come se ne esce? Con la Cdp, che ha preso il 4,2% di Tim: «Dovremmo imparare dai francesi, che nella vicenda Fincantieri hanno chiesto un time out per far salvare a Fincantieri una loro azienda disastrata. Penso che con il 4-5% che ha preso finalmente lo Stato dovrebbe chiedere autorevolmente un time out e parlare di piano industriale». Anche perché — ricorda — «nelle grosse aziende italiane capita sempre che nei momenti di passaggio di governo la disattenzione crea un vuoto spinto su cui poi pascola e razzola chi non ha idee industriali».