Corriere della Sera

Gabriele, il runner non vedente «Mi guida la mano di mio figlio»

Oristano, corrono uniti da una cordicella: puntiamo alla maratona di New York

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2011 siamo andati anche a New York: avevo trovato degli sponsor che avevano coperto due terzi della spesa».

Da due anni, però, Gabriele ha una guida ancora più speciale di tutte quelle avute finora. «Adesso mi accompagna mio figlio Andrea, ha 33 anni. È lui che mi porta al lavoro e mi viene a riprendere, ed è con lui che faccio gli allenament­i tre volte alla settimana, oltre alle gare la domenica». Cordicella di un metro, asole ai polsi, è il giovane Pianu a dire al papà «destra», «sinistra», o «destra destra» se deve sterzare di tanto. «Alla “mezza” di Alghero al ventesimo chilometro volevo mollare, ero stanco perché avevamo corso più veloce del mio solito, ma Andrea mi ha messo la mano nella spalla e praticamen­te mi ha spinto per l’ultimo tratto».

Chiamato in causa, il figlio interviene con sincerità disarmante. «Quando ero piccolo papà non poteva venire a vedermi giocare a calcio, ovviamente, e questo mi è mancato. Così per me correre insieme è una forma di compensazi­one, abbiamo trovato uno sport da condivider­e. È una cosa bellissima per un padre e figlio, e lo dico al netto della disabilità, che comunque aggiunge valore: papà è il mio Zanardi».

Gabriele ha due sogni. Uno riguarda soltanto lui: «Mi piacerebbe che corressero più atleti non vedenti, perché qui in Sardegna ci possiamo contare sulle dita di una mano e non c’è competizio­ne». L’altro coinvolge il figlio: «Vorrei fare con Andrea la maratona di New York, ma abbiamo bisogno di sponsor». Di trovarsi accanto sua moglie Filomena in calzoncini e scarpette neanche lo spera più. «Lei preferisce dare il suo contributo accogliend­oci al rientro con un bel piatto di pastasciut­ta. Il massimo che posso chiederle è di fare una passeggiat­a insieme». Mano nella mano.

@elvira_serra

d L’incidente Ero rimasto sotto 40 quintali di legname, dopo 15 giorni di coma mi hanno detto che non avrei visto più. Ma ho ricomincia­to a correre, grazie ai miei angeli custodi

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