Corriere della Sera

ALTA TENSIONE A RIAD E BASTA UN PICCOLO DRONE PER UN GRANDE ALLARME

- di Guido Olimpio

Tiri intensi nella notte di Riad, sicurezza in allarme attorno al Palazzo reale, notizie incontroll­ate, voci persino di un tentativo di golpe. In realtà secondo le fonti ufficiali un piccolo drone si sarebbe avvicinato al grande complesso che ospita il monarca innescando una reazione da parte delle sentinelle.

Episodio in apparenza chiuso, forse emergerann­o in seguito altri dettagli da un Paese dove non sempre è facile avere dati sicuri. La sparatoria di sabato, però, ci dice alcune cose che va oltre la cornice di questa storia. Intanto la risposta delle guardie. È normale, non si poteva escludere che il velivolo radiocoman­dato rappresent­asse un pericolo. Magari anche solo per un’azione simbolica. Timori legati alle sorprese degli Houti, i guerriglie­ri sciiti attivi nello Yemen e avversari della coalizione a guida saudita.

Nel conflitto, che ha provocato migliaia di vittime — anche tra i civili yemeniti sottoposti a raid aerei pesanti — gli insorti non solo hanno resistito ma hanno cercato di replicare prima usando dei missili terra-terra, quindi dei droni. Nelle ultime settimane hanno lanciato almeno un paio di queste armi volanti nelle regioni meridional­i dell’arabia Saudita, brevi incursioni che hanno destato allarme. In precedenza avevano impiegato dei battelli riempiti d’esplosivo sempre guidati a distanza. Secondo alcuni, mezzi ottenuti dalla ribellione grazie all’assistenza dell’iran, il rivale storico nel Golfo Persico. Aspetti di una guerra regionale che si somma alle tensioni interne per la «rivoluzion­e» varata dal principe ereditario Mohammed, con personalit­à in arresto e prove di forza. Ecco perché un’intrusione diventa un caso destando attenzione a livello internazio­nale.

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