Quando il suono è perfezione, Argerich esalta Beethoven
Èvolubile, Martha Argerich. Alterna prove generiche ad altre che lasciano il segno. Ma quando lo lasciano, come al concerto al Teatro Grande di Brescia, è un segno che si imprime nella memoria e nel cuore. Musica e basta. Con la Filarmonica del Festival guidata dal sempre più bravo Pier Carlo Orizio — ne è testimonianza un’ottima Classica di Prokofiev, sinfonia sempre temibile per ritmo e dinamiche — fa un Primo di Beethoven in cui la musicalità della pianista argentina si manifesta nitida attraverso un suono nobile e luminoso, così pieno di vita, volume e colore da risultare pienamente classico (che non significa «moderato»). I passaggi d’agilità, inoltre, arrivano con una sicurezza persino spensierata, mai l’ombra del timore di dimostrare qualcosa. Martha Argerich lascia inoltre la ribalta a Theodosia Ntokou, giovane interprete greca da lei cresciuta (non è che l’ultima della florida nidiata di pianisti maturati sotto la sua guida), che propone una convincente versione del macchinistico, godibilissimo Concerto n.2 di Sciostakovic. Ciò avviene nei giorni inaugurali della ricca, stimolante 55ª edizione del Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo — fotografia esaustiva del pianismo odierno (da Sokolov a Trifonov, a giovani meritevoli come Gorini), quest’anno incentrata su Ciaikovski e la musica russa — che si è aperto però senza tasti bianchi e neri ma con le arcate eleganti di una violinista. Si tratta di Viktoria Mullova, musicista di rango di cui si erano un po’ perse le tracce negli ultimi anni. Con l’efficiente Filarmonica di Bergen ha riletto lo stupendo, sempre emozionante Concerto per violino di Sibelius. Il suono è piccolo, in questo caso. Ma è caldo, rotondo, capace di una cantabilità che non ha bisogno d’altro. La tecnica non è prodigiosa, ma comunque solida. E la gamma di colori è ampia e meditata, ben assecondata dall’orchestra. Come bis esegue un pezzo esile ma non privo di fascino di Misha Mullov-abbado, figlio nato dall’unione con Claudio Abbado. Guidata da Edward Gardner, l’orchestra norvegese esegue inoltre un Romeo e Giulietta di Ciaikovski invero assai asciutto, austero, rigido tanto quanto invece è fluida e slanciata la Sinfonia n.2, che Sibelius compose a Rapallo ma senza dimenticare i colori lividi, plumbei, affascinanti della sua Finlandia. Lunghissimi applausi in entrambi i casi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA