Corriere della Sera

I meriti di Sarri e le colpe di Allegri

- di Mario Sconcerti

Èstata una partita esplosa alla fine per esclusivo merito del Napoli. Non c’è stato grande calcio ma non si deve nemmeno cercare adesso di spiegarlo a Sarri e a tutta Napoli. È un piccolo tutto che rovescia le idee, sicurezze lunghe stagioni intere. Non è vero che la Juve giocava bene. È vero che era più forte di quasi tutte. Ma non c’è un collegamen­to semplice fra le due cose. Perdere all’ultimo minuto sta diventando un’abitudine imbarazzan­te, ma bisogna chiedersi perché la Juve non abbia provato prima a vincere la partita, perché è stata così tanto nella sua metà campo facendo via via inorgoglir­e un avversario che non sembrava destinato a crederci. È un’abitudine che viene da lontano, frequentat­a in tanti stadi, da Roma a Firenze, a Ferrara, a Crotone. Il bisogno di gestire la partita, come se dare il minimo fornisse un premio alla fedeltà. C’è stata troppa ricerca di convenienz­a in questa stagione della Juve, troppe idee allungate, tirate per i capelli, passate sempre per invenzioni. La coda accesa dal Napoli è stata legittimat­a da questo piccolo atteggiame­nto saprofita. Non si può affrontare l’ultima partita importante e lasciare tre quarti di terra all’avversario. È come se Allegri avesse avuto per tutta la stagione l’impression­e di dover mettere toppe, di resistere alla propria modestia. Ha pagato molto a Madrid, ha pagato molto con il Napoli. Sarri è stato fortunato in quell’ultimo minuto, ma chi può dire che non abbia girato intorno all’avversario per tutto l’anno? Non rimetto in discussion­e nessuna delle doti di Allegri, mi permetto solo di ricordargl­i che il calcio non è tutto qui, non è solo essere più forti, solo astuzia, gruppo e conseguenz­e logiche. Capita di perdere all’ultimo minuto e d’improvviso ti accorgi che hai speculato troppo. Il Napoli ha fatto il suo, ha cercato di attaccare di prima, a volte c’è riuscito, volte no, ma da almeno un anno cerca l’oro dalla legna. Se alla fine lo trova se l’è meritato. L’errore a volte sta nell’aspettarsi troppo, nel pensare che la Juve resti qualcosa di estremamen­te diverso e il Napoli sia la sua contropart­ita di idee, la piccola religione della diversità che aiuta una finta uguaglianz­a. Forse è tutto più comune, quotidiano, pestato come uvaccia dalla fatica di una stagione. Il risultato comunque è esatto, c’è un gol di grandezza, di differenza. Il Napoli riesce a spingere il sasso lungo la montagna, ora si ricomincia.

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