Gli antenati bretoni, l’amicizia con Sarko E il passo indietro a favore dei figli
Marie siede nel board Mediobanca. La settimana scorsa la guida Vivendi a Yannick
Mancavano ancora due votazioni all’olympia, giovedì scorso, quando Vincent Bolloré ha buttato lì una frase che sulle prime molti non hanno neanche capito: «Questa è l’ultima assemblea generale che presiedo». Regolate le ultime formalità, nella gloriosa sala parigina di Jacques Brel e dei Beatles il 66enne finanziere ha ripreso il discorso spiegando di volere «lasciare spazio ai giovani» e ha ceduto la guida di Vivendi al 38enne figlio Yannick, già presidente di Havas. La successione in favore dei quattro figli era prevista — a Cyrille i trasporti e la logistica, a Marie l’auto elettrica, a Sébastien la ricerca, a Yannick i media — ma fissata per il 2022, nel giorno dei 70 anni di Vincent e dei 200 anni del gruppo fondato dai suoi antenati vicino a Quimper, in Bretagna. Non adesso.
Abbandonare la lotta non è da Vincent Bolloré, l’uomo che per un franco simbolico nel 1981 ha rilevato la cartiera di famiglia caduta in disgrazia e che nel settembre 2015, prendendo in mano la rete Canal Plus, fece presente che «i Bolloré erano degli audaci marinai bretoni che difendevano le loro coste dalle invasioni dei pirati inglesi e spagnoli».
Bolloré ha organizzato la successione in favore della settima generazione della famiglia in modo così scrupoloso e paziente che, si dice, sullo smartphone tiene il conto alla rovescia per sapere in ogni momento quanto manca al fatidico 17 febbraio 2022.
E allora, che è successo? Perché passare la mano quattro anni prima? Forse Vincent Bolloré ha ascoltato le critiche dell’organo di sorveglianza francese, che in autunno criticava la governance del gruppo. O più probabilmente, il patron di Vivendi sapeva che sarebbe stato convocato per gli appalti in Guinea e Togo, come aveva anticipato il settimanale economico Challenges. E ha deciso di correre ai ripari.
In un momento cruciale, nel pieno di una campagna d’italia sempre più difficile, cedere il comando non è stato forse un gesto da Bolloré; ma cederlo al figlio altroché, perché Yannick è un amico di Emmanuel Macron. Nel momento della tempesta in arrivo, meglio che a guidare la nave sia un coetaneo del presidente, presente tra gli invitati del meeting del 12 maggio 2016, quando Macron presentò per la prima volta il movimento En Marche.
Andare d’accordo con il potere politico — di qualsiasi colore — è sempre stato un comandamento non scritto ma molto osservato in famiglia. Il padre di Vincent, Michel, esibiva nella biblioteca di casa una copia con dedica autografa delle Memorie di De Gaulle. Suo zio andava in barca con il presidente Georges Pompidou. Vincent Bolloré è stato un grande amico di Nicolas Sarkozy: ha partecipato alla cena della vittoria del 6 maggio 2007 al Fouquet’s, e poche settimane dopo lo ha invitato sul suo yacht «La Paloma» per aiutarlo (invano) a riconquistare la moglie Cécilia Attias.
Negli anni l’amicizia con il
Successione
Il figlio Yannick era tra gli invitati alla presentazione di En Marche nel 2016
presidente di destra Sarkozy non ha impedito a Vincent Bolloré di proclamare sostegno alla sindaca di sinistra di Parigi, Anne Hidalgo, con la quale ha organizzato nella capitale il sistema di auto elettriche Autolib’, e di frequentare le «cene celtiche» dell’élite bretone con l’ex socialista oggi ministro degli Esteri Jeanyves Le Drian. Bolloré ha cercato di coltivare buoni rapporti anche con François Hollande, che ha difeso Canal Plus nella lite con l’emittente qatarina bein Sports per i diritti del calcio.
Però, si deve proprio a un Hollande sulla via del tramonto uno dei ritratti più impietosi dell’uomo d’affari. Confidandosi ai giornalisti Karim Rissouli e Antonin André, Hollande ha dato a Bolloré del «pirata», aggiungendo: «Siccome ha un fisico piuttosto moderno, piuttosto da bel ragazzo, Bolloré non lo si vede arrivare, ma in realtà è un integralista cattolico. Non sopporta che si attacchi il Papa o la religione. Bisogna diffidare di Bolloré. Ma non solo politicamente. Quelli che non hanno diffidato di lui sono morti». Qui Hollande allude forse al modo di condurre gli affari tipico di Bolloré. Che in queste ore è sulla difensiva, privato della libertà e interrogato in un commissariato, dopo avere passato una vita sempre, sottilmente, all’attacco.
Nessuna grande mossa. Piuttosto, manovre di avvicinamento. Piccoli passi per entrare in un’azienda con stile inoffensivo, fino a impadronirsene. Per esempio, Bolloré ha accostato Vivendi per la prima volta nel 2011, per vendere la tv Direct 8 in cambio del 5 per cento del gruppo. Sembrava un’operazione circoscritta, tre anni dopo ha preso il controllo del gruppo.
Nella prima delle sue campagne d’italia, nel 1999, Bolloré cominciò a comprare le azioni detenute dalla banca d’affari francese Lazard in Mediobanca per aiutare l’amico Antoine Bernheim. Tre anni dopo, nel 2002, Bernheim riconquistò la presidenza di Generali e Bolloré entrò nel consiglio di amministrazione di Mediobanca, posizione privilegiata che gli avrebbe consentito da quel momento in poi di muoversi da protagonista nel capitalismo italiano. Oggi Bolloré ha circa l’8% di Mediobanca ma nel consiglio di amministrazione siede sua figlia Marie. Gli interrogatori di Nanterre non hanno alcuna ripercussione pratica sulla sua partecipazione nella banca d’affari italiana, ma il colpo all’immagine è pesante.
Se Bolloré ha sempre cercato l’amicizia dei politici, in Italia ha trovato un ministro (Carlo Calenda) che lo ha appena definito «pessimo» come azionista di Tim. In «garde à vue» in Francia, osteggiato in Italia per Tim e ancora di più nell’affare Mediaset: mai come in questo momento Bolloré ha bisogno di affidarsi agli «audaci marinai bretoni» suoi antenati.
«Pirata»
Hollande lo ha definito un «pirata»: «Quelli che non hanno diffidato di lui sono morti»