Cinque Stelle divisi. I paletti per l’accordo
Tanti i contrari al Pd. Nel piano il cambio di Jobs act e buona scuola e i dem «soci di minoranza»
Una riunione difficile quella che i parlamentari Cinque Stelle affronteranno oggi a Roma. Il Movimento è diviso tra chi spinge per l’accordo con i dem (soprattutto i falchi) e chi frena. L’assemblea affronterà lo stato e i nodi relativi alla trattativa con il Pd, che ha creato molti malumori anche nella base. Equilibri fragili e paradossalmente paralleli a quelli che agitano i democratici in queste ore.
Quello che è certo è che il Movimento ha intenzione raccogliere l’invito del presidente della Camera, Roberto Fico, a dialogare sui temi e che sta lavorando per mettere in chiaro quali argomenti intende portare al tavolo della trattativa. «Il nostro leader è il programma, è sempre stato il programma e sarà sempre il programma», scrive l’ortodosso Luigi Gallo. Mentre Carlo Sibilia sottolinea: «La distanza tra ricchi e poveri è in costante crescita. È chiaro che è mancata una corretta politica di ridistribuzione della ricchezza». Parole che sembrano confermare le voci di un ritorno prepotente sulla scena del reddito di cittadinanza, che sarà oggetto delle trattative. Non solo. I Cinque Stelle per fa capire agli attivisti che non hanno intenzione di snaturarsi hanno intenzione di chiedere modifiche a due provvedimenti renziani contro cui hanno lottato a lungo in Aula: il jobs act (abolendo gli elementi che hanno «generato un eccesso di precarizzazione») e la Buona scuola. Possibile anche tra i punti venga anche messa la riforma del mondo delle banche. «Se qualcuno pensa di allearsi con il Movimento 5 Stelle per formare un governo deve partire esattamente da ciò che abbiamo detto in campagna elettorale», dichiara in un video Gianluigi Paragone.
Nel Movimento filtra un cauto ottimismo sulla possibilità che dal Pd possano accettare, in quanto — ragionano — il partito retto da Maurizio Martina sarà «socio di minoranza»: «Sono numericamente molto ridimensionati, sanno di non poter comandare». di un’eventuale esecutivo. E anche su altri fronti, quelli legati alla premiership viene ostentata più sicurezza. «I dem non hanno chiesto la testa di Luigi e non lo faranno», dicono all’adnkronos dall’entourage di Di Maio.
Intanto la base ha iniziato a reclamare sul blog delle stelle e sui social network un intervento di Beppe Grillo. Tuttavia, sia il garante sia Davide Casaleggio hanno preferito (almeno fino a ieri) stare defilati. Grillo in particolare ha scritto post sul trasporto pubblico e su un acquedotto a Limone del Garda. «Grillo e Casaleggio non vogliono interferire: questa è una fase delicata, il capo politico è Di Maio e può contare sull’appoggio dei gruppi parlamentari», dicono i pentastellati. Ma già oggi, in assemblea, il candidato premier dovrà anche misurarsi (nonostante una larghissima maggioranza) con i dubbi e le perplessità che agitano il mondo Cinque Stelle in queste ore.