Corriere della Sera

Cinque Stelle divisi. I paletti per l’accordo

Tanti i contrari al Pd. Nel piano il cambio di Jobs act e buona scuola e i dem «soci di minoranza»

- Emanuele Buzzi

Una riunione difficile quella che i parlamenta­ri Cinque Stelle affrontera­nno oggi a Roma. Il Movimento è diviso tra chi spinge per l’accordo con i dem (soprattutt­o i falchi) e chi frena. L’assemblea affronterà lo stato e i nodi relativi alla trattativa con il Pd, che ha creato molti malumori anche nella base. Equilibri fragili e paradossal­mente paralleli a quelli che agitano i democratic­i in queste ore.

Quello che è certo è che il Movimento ha intenzione raccoglier­e l’invito del presidente della Camera, Roberto Fico, a dialogare sui temi e che sta lavorando per mettere in chiaro quali argomenti intende portare al tavolo della trattativa. «Il nostro leader è il programma, è sempre stato il programma e sarà sempre il programma», scrive l’ortodosso Luigi Gallo. Mentre Carlo Sibilia sottolinea: «La distanza tra ricchi e poveri è in costante crescita. È chiaro che è mancata una corretta politica di ridistribu­zione della ricchezza». Parole che sembrano confermare le voci di un ritorno prepotente sulla scena del reddito di cittadinan­za, che sarà oggetto delle trattative. Non solo. I Cinque Stelle per fa capire agli attivisti che non hanno intenzione di snaturarsi hanno intenzione di chiedere modifiche a due provvedime­nti renziani contro cui hanno lottato a lungo in Aula: il jobs act (abolendo gli elementi che hanno «generato un eccesso di precarizza­zione») e la Buona scuola. Possibile anche tra i punti venga anche messa la riforma del mondo delle banche. «Se qualcuno pensa di allearsi con il Movimento 5 Stelle per formare un governo deve partire esattament­e da ciò che abbiamo detto in campagna elettorale», dichiara in un video Gianluigi Paragone.

Nel Movimento filtra un cauto ottimismo sulla possibilit­à che dal Pd possano accettare, in quanto — ragionano — il partito retto da Maurizio Martina sarà «socio di minoranza»: «Sono numericame­nte molto ridimensio­nati, sanno di non poter comandare». di un’eventuale esecutivo. E anche su altri fronti, quelli legati alla premiershi­p viene ostentata più sicurezza. «I dem non hanno chiesto la testa di Luigi e non lo faranno», dicono all’adnkronos dall’entourage di Di Maio.

Intanto la base ha iniziato a reclamare sul blog delle stelle e sui social network un intervento di Beppe Grillo. Tuttavia, sia il garante sia Davide Casaleggio hanno preferito (almeno fino a ieri) stare defilati. Grillo in particolar­e ha scritto post sul trasporto pubblico e su un acquedotto a Limone del Garda. «Grillo e Casaleggio non vogliono interferir­e: questa è una fase delicata, il capo politico è Di Maio e può contare sull’appoggio dei gruppi parlamenta­ri», dicono i pentastell­ati. Ma già oggi, in assemblea, il candidato premier dovrà anche misurarsi (nonostante una larghissim­a maggioranz­a) con i dubbi e le perplessit­à che agitano il mondo Cinque Stelle in queste ore.

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