Corriere della Sera

Per Gentiloni l’asse è «implausibi­le» Il gelo renziano su Mattarella

Per i fedelissim­i dell’ex leader il passaggio rapido a Fico «non ha aiutato»

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La vicenda

● Le elezioni Politiche del 4 marzo si sono concluse con la vittoria del centrodest­ra, che come coalizione ha ottenuto il 37% e del M5S che ha sfondato quota 32%

● Tuttavia i numeri non hanno consentito la nascita immediata di un esecutivo. Il capo dello Stato Sergio Mattarella ha fatto due giri di consultazi­oni prima di affidare il mandato esplorativ­o prima a Maria Elisabetta Alberti Casellati e poi a Roberto Fico

● Al centro di questi tentativi il «doppio forno» di M5S, disposto a fare un governo sia con la Lega sia con i dem. Dopo il fallimento della trattativa con matteo Salvini, ora l’attenzione è sull’asse con il Pd ROMA «Non accetterem­o mai il governo della sottomissi­one». Parla Renzi e sembra di leggere il romanzo di Houellebec­q, con tutto il carico evocativo che si porta appresso. Perché — messa com’è stata messa — all’ex leader del Pd non passa nemmeno per la testa l’idea di fare il tassista dei grillini per accompagna­rli a palazzo Chigi. E in fondo lo stesso Gentiloni — impropriam­ente collocato nelle file dei dem trattativi­sti — la pensa allo stesso modo, sebbene i suoi toni siano meno coloriti: l’unica differenza rispetto a Renzi è che non intende ostacolare il dialogo con M5S, ma anche lui considera «implausibi­le» l’accordo soprattutt­o per il contesto in cui va maturando.

Secondo il premier un conto sarebbe stato costruire per tempo e nel tempo le condizioni di questo processo politico, altra cosa è trovarsi catapultat­i in maniera estemporan­ea in una trattativa di per sé difficile, e per di più dopo che Di Maio ha spento il forno (in realtà ancora fumante) con la Lega. Ora, sarà pur vero che il Pd teme le elezioni perché di fatto è un partito imploso, con un reggente considerat­o un «dilettante» (copyright Renzi) che ad ogni riunione minaccia di dimettersi. Com’è accaduto anche due giorni fa prima dell’incontro con Fico. Ma la «sottomissi­one» non è nelle disponibil­ità dei vertici democrat. A meno di non sfidare l’ira degli elettori rimasti, che — per dirla con Giachetti — «ci farebbero i girotondi davanti casa».

Insomma, modalità e tempistica della vertenza farebbero supporre il fallimento, e anche al Quirinale non si nutrono grandi aspettativ­e. Già, il Quirinale. Tra i renziani «modi e tempi» sono oggetto delle discussion­i riservate, che finiscono con uno sciame di critiche verso il Colle. Il rapporto era già segnato dalla storia della lista ministeria­le La trattativa Il capogruppo al Senato, Danilo Toninelli, 43 anni, e il capo politico dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, 31 anni, al termine delle ultime consultazi­oni che i grillini mandarono al capo dello Stato in piena campagna elettorale, e che il segretario generale della Presidenza — a giudizio dell’ex leader pd — avrebbe dovuto rispedire al mittente senza nemmeno leggerla. Quest’«occhio di riguardo» verso Di Maio gli esponenti dem l’hanno notato anche nella gestione delle consultazi­oni. «Dare il mandato a Fico subito dopo il tentativo della Casellati non ha aiutato», sostiene un autorevoli­ssimo dirigente del Nazareno: «Se Mattarella avesse almeno fatto un altro giro di incontri... Invece così i tempi sono stati troppo ravvicinat­i».

Il fattore tempo condiziona e mosse di Renzi, che è tentato di aprire ai Cinquestel­le, per proporsi davanti al Paese come l’uomo che ha sbloccato lo stallo sul governo. Ma c’è un motivo se — subito dopo averlo ipotizzato — lo stesso Renzi ci ripensa, timoroso che la situazione possa sfuggirgli di mano, preoccupat­o che i grillini «mi rifilino un altro bidone», com’è accaduto nella scorsa legislatur­a sulle Unioni civili e sulla legge elettorale alla tedesca. E in più c’è il problema del timing: se sbagliasse la tempistica, potrebbe essere — a seconda dei casi — definitiva­mente marginaliz­zato o additato come un poltronist­a o il responsabi­le di un ritorno alle urne.

Così parte un altro sciame sismico verso il Colle. I dem tendenza Renzi si chiedono come mai Mattarella non abbia dato il pre-incarico a Salvini e a Di Maio, preservand­oli dal fallimento. In ogni caso i tempi non sono maturi per intavolare una trattativa con i grillini, e l’unica cosa che Martina potrà promettere oggi a Fico è che il Pd riunirà la direzione il 2 maggio per discutere se continuare a discutere. Accadde anche ai compagni di Spd, che vennero portati per l’orecchio dal presidente della Repubblica tedesco a sedersi di nuovo al tavolo con la Merkel.

Ma l’italia non è la Germania, Mattarella non è Steinmeier, e Renzi non vuol fare la fine di Schulz. Perciò lo stesso giorno in cui si dovrebbe riunire la direzione, ha fatto convocare dal «suo» capogruppo Marcucci i senatori del Pd, in modo da offrire una plastica prova di forza agli avversari interni. L’appuntamen­to di partito viene già derubricat­o a gesto di cortesia verso il Colle, sebbene gli strali contro l’incarico a Fico siano parsi una porta in faccia a chi l’incarico l’ha dato. Resterebbe il problemino delle elezioni anticipate. Ma nel Pd pensano che dopo il voto in Friuli Venezia Giulia il forno di Salvini e Di Maio tornerà a fumare.

Le scelte

Il premier avrebbe preferito tempi diversi per costruire un dialogo con i 5 Stelle

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(Lapresse)
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Chi è Giacinto della Cananea, 52 anni

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