Insulti sul web L’onda di odio senza tabù che dà i brividi
Ècome se un freno si fosse disintegrato, un’inibizione venuta meno, un tabù violato. Come se l’odio politico, ma anche razziale, sessista, etnico, potesse dilagare senza argini rendendo quindi possibile che, mentre Giorgio Napolitano è sotto i ferri per operarsi al cuore, il clan del linciaggio possa muoversi indisturbato e augurare al Presidente emerito una morte funestata dai tormenti. Viene quasi da rabbrividire a leggere quelle pustole verbali esplose sui social non appena si è diffusa la notizia del grave malore di Napolitano. Non per ciò che esprimono, perché l’odio politico non è nato con Twitter. Ma perché, appunto, oggi si può: si può vomitare in pubblico ciò che di peggio ribolle nel proprio sottosuolo morale, si può smarrire impunemente ogni elementare senso di decenza, di autocontrollo, di dignità persino. È cresciuta come un bubbone una vasta zona franca in cui tutto è possibile, lecito, persino consigliabile. Spesso coperto dall’anonimato dei vigliacchi, ma talvolta anche agitato come il drappo lercio dell’esibizionista che ostenta tutta la melma maleodorante che lo abita alimentando un rancore sociale senza limiti. Quando è morta Margaret Thatcher, un torrente di insulti postumi hanno imbrattato la tomba virtuale della lady di ferro. Oggi, con Napolitano, si sono portati avanti, si sono prodotti nell’arte del linciaggio preventivo, dell’odio rivendicato come una bandiera. A un certo punto l’inaccettabile è diventato accettabile. La mancanza di freni inibitori fa slittare la vettura, portandola allo sbando e poi alla caduta nel precipizio dei peggiori sentimenti: la morte augurata, la sofferenza altrui auspicata senza autocensure. Sarebbe meglio ignorarli, questi poveracci del risentimento. Non dare loro importanza. A patto di sapere come sono fatti, e come sia vana ogni speranza di cambiarli, immersi nella fanghiglia in cui si dibattono, senza via d’uscita.