Corriere della Sera

La sorpresa degli scienziati «Zona sismica nuova, non escludiamo repliche»

- di Giovanni Caprara

«È un terremoto tutto da studiare» dice Alessandro Amato, dirigente dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanolog­ia, del sisma che ieri mattina ha scosso l’area in provincia di Campobasso arrivando a una magnitudo di 4.2 della scala Richter. L’evento ha sorpreso i geofisici perché la storia dell’area, fortunatam­ente, non registra fatti disastrosi. L’ultimo nel 2002, avvenuto però più a sud, era un po’ più forte dell’attuale (4.6 di magnitudo) e aveva anch’esso destato stupore per la stessa ragione. «La zona è nuova — precisa Amato — e dalle prime valutazion­i il sisma sembra appartener­e alla stessa faglia del 2002 con un ipocentro, ora, a 31 chilometri di profondità ma potrebbe essere anche qualcuno in meno. Comunque molto profondo. Non c’è alcun legame con il terremoto di Amatrice».

La zona appartiene alla placca adriatica che nel suo lento movimento si inabissa da una parte sotto l’appennino e dall’altra sotto i Balcani. La struttura coinvolta sembra andare in direzione est-ovest. Finora l’area era giudicata tra le meno attive dell’appennino mentre i sismi più forti del passato si sono verificati verso Campobasso e verso il Gargano. Dopo il sussulto più intenso sono seguite una quindicina di repliche tutte inferiori alla magnitudo 3. «Se altre si aggiungera­nno forniranno elementi ulteriori per conoscere meglio quanto è avvenuto — aggiunge lo scienziato —. Speriamo comunque che la sismicità non vada oltre il livello registrato anche se non si può escludere. La placca adriatica è omogenea in profondità ed è necessario indagare bene per cogliere segnali utili».

Purtroppo il movimento della nostra Penisola è costante in ogni suo angolo soprattutt­o per la spinta della placca africana che si scontra, andando verso nord, con la placca euroasiati­ca. Perciò gli Appennini subiscono inesorabil­mente una dilatazion­e di circa 4 millimetri l’anno, cioè 40 centimetri ogni cento anni, e intanto le Alpi hanno un accorciame­nto intorno a 2-3 millimetri l’anno. Ma in questa regione costanteme­nte compressa esistono placche minori, come appunto l’adriatica, che complicano il disegno dei movimenti e la decifrazio­ne delle energie che ogni giorno si accumulano nel sottosuolo. Sino a provocare sismi di vario livello a seconda delle caratteris­tiche geologiche. Non bisogna dimenticar­e che le statistich­e registrano in Italia 20-25 terremoti ogni cento anni con una magnitudo superiore a 5.5; un valore capace di provocare distruzion­i e vittime.

La situazione geologica della Penisola è in continua evoluzione e anche zone finora non considerat­e rischiose, come in Molise, possono risvegliar­si manifestan­do una sismicità imprevedib­ile nella sua intensità. «Nei prossimi giorni — conclude Amato — potremo comprender­e meglio quello che sta accadendo nel sottosuolo molisano».

Amato (Ingv)

«Non c’è collegamen­to con il terremoto del 2016 nell’italia centrale»

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