«Sempre pronti a fare a botte, approfittano delle situazioni»
Gli agenti del Cnims raccontano come si muovono i picchiatori, le forze dell’ordine tra gli obiettivi privilegiati
ROMA «No, non è detto che partano dall’italia sapendo già che faranno a botte. Ma sono pronti a farlo, se capita l’occasione. Approfittano di ogni spazio libero che gli viene concesso». E a Liverpool, di spazio libero — secondo i vertici dell’ordine pubblico italiano — gli ultrà romanisti ne avrebbero avuto tanto, nonostante gli avvertimenti alle autorità inglesi sulla presenza di 200 giallorossi dell’ala più dura. È scoppiato così l’ultimo scontro che ha coinvolto un gruppo ultrà italiano all’estero. Un fenomeno monitorato dagli investigatori del Cnims (Centro nazionale di informazione sulle manifestazioni sportive) che di recente avevano notato un calo del fenomeno. Ora si teme un’inversione di tendenza. Il modo d’agire è quasi sempre lo stesso: «Approfittano della situazione per prendere l’iniziativa o rispondere alle provocazioni, difficile che si muovano con premeditazione». Incappucciati sì, invece, come martedì pomeriggio a Liverpool nel gruppo di Filippo Lombardi, un passato da portiere del Tor Tre Teste, e Daniele Sciusco, arrestati per il tentato omicidio di Sean Cox. Tifosi conosciuti dalle forze dell’ordine, in trasferta con i Fedayn: a febbraio Lombardi è andato a Kharkiv, in Ucraina, per assistere all’andata degli ottavi di Champions Shakhtar-roma. Proprio in quei giorni su Facebook postava: «Un carabiniere ferito vale più delle teste rotte a donne e anziani. Quando capita che un manifestante rimane a terra tra gli agenti oltre all’accanimento quando si trova per terra si becca anche il resto in questura. Mai dalla parte di chi indossa la divisa». Ieri quel profilo è stato inondato di insulti, anche da parte di altri tifosi della Roma. Lo stesso è successo sulle pagine di gruppi del tifo organizzato giallorosso: qualcuno è già passato alla sentenza, e lo ha definito «assassino». In 11 sono invece ricercati.
Il gruppo entrato in azione ad Anfield era composto da un’ottantina di giovani. Un numero tipo, che compare e ricompare negli episodi di violenza fuori dagli stadi di mezza Europa. Decine di ragazzi a volto coperto, armati di mazze, bastoni, tubi di gomma. A volte qualcuno viene mandato in avanscoperta per capire come muoversi fra strade e vicoli, scoprire scorciatoie, individuare gli ultrà stranieri. «Ma non c’è un copione — spiega ancora chi indaga —, ci si adatta sul momento. Meglio ancora se la polizia non si fa viva». Per strategia o sottovalutazione.
Fatto sta che i romanisti arrivati in aereo a Manchester e poi in treno fino a Liverpool hanno percorso quattro chilometri a piedi per sfidare la curva Kop. «Come se gli inglesi andassero da Termini alla Sud senza incontrare un poliziotto. Assurdo».