L’ultimo regalo
Monchi: «Noi in semifinale grazie ai soldi ricavati dalla sua vendita. Ci hanno obbligato i vincoli Uefa e la sua voglia di cambiare»
LIVERPOOL Il 26 febbraio 2016, alla vigilia di un Empoli-roma poi vinta 3-1 dai giallorossi, Luciano Spalletti si presentò a Trigoria con una sorpresa per i giornalisti e per i tifosi. Era un video di Roma-palermo 5-0, giocata cinque giorni prima, in cui Momo Salah — al 30’ della ripresa, sul 4-0 e dopo aver segnato due gol — rincorreva per 50 metri un avversario fin dentro l’area giallorossa per togliergli il pallone. «Quello che vedete — la tesi dell’allenatore, che aveva già iniziato la sua battaglia personale contro Totti e i tottiani — è pazzesco nella sua bellezza. Voi mi avete preso per il culo per anni sui comportamenti giusti. E questo è un comportamento giusto».
L’attaccante che aiuta nella fase difensiva è un must del tatticismo italiano. Si dice spesso che siano i primi difensori e giocatori come Mauro Icardi, che non brillano per il lavoro di squadra ma sono spietati in area di rigore, fanno discutere. La domanda è perciò pertinente: Momo Salah che non insegue Kolarov ma attacca in continuazione Juan Jesus ha un comportamento giusto o sbagliato?
I 43 gol segnati in stagione — 10 in Champions League — sembrano un fondato motivo per prendere il Salah attaccante/attaccante. L’egiziano ha fatto un salto di qualità impressionante in questa stagione ed è sicuramente merito del suo lavoro, punta dell’iceberg che tutti vedono. Sotto l’acqua, però, ci sono Klopp e la sua idea di calcio dinamico ma con ruoli ben definiti. Tutte le energie di un giocatore devono essere finalizzate al bene del gruppo, ma capire qual è il vero bene della squadra è il primo compito dell’allenatore. Klopp, con Salah, sembra esserci riuscito alla perfezione. Salah alla Roma non segnava poco: 82 partite, 34 gol. Ma al Liverpool è diventato una macchina inarrestabile: 43 gol in 47 presenze.
All’inizio della stagione - come raccontato in un interessante articolo di Diego Torres su El País — Klopp aveva due certezze per l’attacco (Roberto Firmino e Mané) e un dubbio (Coutinho o Salah). Gli sono bastati pochi allenamenti e poche partite per decidere. Coutinho, tra tutti gli attaccanti, era quello che aveva più bisogno di recupero durante le «ripetute». Una questione fisica, fondamentale per il suo gioco fatto di scatti continui e attacco alla porta avversaria nel minor tempo possibile. Klopp ha provato un paio di volte Coutinho come centrocampista — Siviglia-liverpool 3-3 e Liverpool-burnley 1-1 — non ricevendo le risposte che sperava. Così, quando c’è stata l’offerta del Barcellona per Coutinho, il tecnico tedesco ha dato l’ok: 120 milioni per la prima delle riserve è un ottimo affare.
Meno buona è stata la cessione di Salah dalla Roma al Liverpool: 42 milioni di euro più 8 di bonus, quasi tutti per altro raggiunti. Il d.s. giallorosso Monchi ieri ha chiarito alla radio spagnola Onda Cero: «L’ho venduto io e mi assumo ogni responsabilità. Ma siamo stati costretti a venderlo entro il 30 giugno dai vincoli imposti dalla Uefa che stava monitorando attentamente i nostri conti. Se non lo avessimo venduto, oggi non saremmo in semifinale. Siamo stati obbligati a cederlo anche perché lui voleva andarsene, non c’era altra soluzione. Quando sono arrivato era stata presentata un’offerta di 30 milioni, poi con i bonus siamo riusciti ad arrivare quasi a 50. Abbiamo ricavato il massimo. So che poi il mercato è impazzito con Neymar e Dembelé, complimenti al Liverpool per l’affare che ha fatto, vista la stagione fantastica di Salah. Per noi non è una sorpresa, io lo avevo già affrontato col Siviglia quando era alla Fiorentina e ci aveva fatto soffrire». Una sofferenza moltiplicata per cento martedì sera.