Bisagno, eroe partigiano temuto e rispettato anche dai nemici
Nell’ambito delle celebrazioni del 25 aprile, Rai Storia ha ritrasmesso un documentario molto importante: Bisagno di Marco Gandolfo. Dopo settant’anni il nome di Aldo Gastaldi continua a risuonare nella memoria di chi ha preso parte alla lotta di liberazione. Sottotenente del XV Reggimento Genio, a pochi giorni dall’armistizio sale in montagna e nel giro di pochi mesi, con il nome di Bisagno (è il torrente che attraversa Genova), diventa il comandante più amato della resistenza in Liguria: un eroe moderno, spirituale e privo di retorica. Bisagno è tra i primi a formare un nucleo partigiano a Cichero e nel giro di pochi mesi diventa il comandante più amato della resistenza ligure. Bisagno interpreta il ruolo non come potere, ma come servizio; è il primo a esporsi ai pericoli e l’ultimo a mangiare, riserva a se stesso i turni di guardia più pesanti.
Si conquista così l’amore e la stima degli uomini e delle popolazioni contadine, senza il cui sostegno la lotta partigiana sarebbe stata impossibile. Temuto e rispettato anche dai nemici, riesce a far disertare un intero battaglione della Divisione «Monterosa», il «Vestone», che passerà tra le file partigiane da lui comandate. Cattolico, apartitico, con un carisma straordinario, si oppone a ogni tentativo di politicizzazione della resistenza tanto da diventare un ostacolo ai piani dei partiti membri del CLN, che tentano di ridurne l’influenza. Muore a 23 anni in circostanze misteriose, per una caduta dal tetto di un camion.
Di recente, su Bisagno si è aperto un dibattito molto accesso. Nel suo ultimo libro, Giampaolo Pansa sostiene, pur senza prove documentali, che il capo partigiano sia stato fatto fuori dai comunisti che non tolleravano la sua indipendenza e la sua insofferenza alla propaganda. Anche nell’ottimo documentario di Gandolfo (che è del 2015), ci sono testimonianze che sembrano avvalorare la tesi di Pansa.