Corriere della Sera

IL PREZZO DA PAGARE

- di Pierluigi Battista

Si parla della base di tutti i partiti in rivolta, dei nervi di elettorati frastornat­i e sgomenti, che cedono di schianto e si sfogano nella collera e nel dramma. Del popolo del Pd che soffre per la ventilata alleanza con i 5 Stelle, quello del 5 Stelle che rumoreggia per la sola ipotesi d’accordo con il Pd, e quell’altra parte dello stesso popolo infuriato per l’asse con la Lega, e il popolo della Lega disgustato dalla prospettiv­a di un governo con i 5 Stelle, e quello di Forza Italia in ebollizion­e indignata con tutti, persino con il suo leader che ha perso lo scettro e il tocco magico. Un vortice psicodramm­atico che coinvolge e travolge tutti i partiti e le coalizioni, a destra a sinistra e al centro: noi a braccetto con quelli, l’odio che deve trasformar­si in collaboraz­ione, l’insulto in attestati di stima, la guerra in idillio? Ma si capisce: l’italia sta conoscendo un assoluto inedito della sua storia politica, qualcosa di mai visto e mai vissuto che genera inevitabil­mente ansia, disorienta­mento, paura dell’ignoto. Mai in Italia per fare un governo si è profilata l’ipotesi di un governo formato da forze antagonist­e. Mai si è giocata in tre una partita che abitualmen­te viene giocata in due.

Se i partiti stanno alla paralisi non è solo perché siano inetti. È soprattutt­o che quando ci sono tre poli e nessuno ha i numeri sufficient­i per governare da solo non ci sono alternativ­e: o almeno due dei tre si mettono d’accordo per formare un governo oppure non si formerà alcun governo. Questo è il dilemma del tutto inedito nella storia dell’italia repubblica­na. Colpa della legge elettorale? Certo, però gli esperti dicono che con questa tripartizi­one non avremmo maggioranz­a con nessuna legge elettorale. Ma si dice: niente di inedito, invece, anche nella Prima Repubblica si formavano governi di coalizione. Paragone molto debole: in passato i partiti che collaborav­ano (quattro o cinque, ma sempre attorno al perno della Dc) non erano antagonist­i tra loro, come accade adesso, non si facevano una guerra spietata con contorno di insulti, come accade adesso, non appartenev­ano a mondi contrappos­ti e ostili, come accade adesso. Non è mai accaduto, per fare qualche esempio, che i repubblica­ni marcassero la loro irriducibi­le e veemente diversità con i socialdemo­cratici, o i liberali che consideras­sero un pericolo per la democrazia la Dc, per poi collaborar­e con lo Scudo Crociato come se nulla fosse. Ci si alleava tra simili, o

almeno tra compatibil­i. E l’elettorato lo sapeva, e non si sapeva tradito quando il Parlamento era insediato. L’identità stessa dei singoli partiti non veniva messa in discussion­e nelle alleanze tra diversi che non vivevano in un clima di inimicizia assoluta. E quando si prefigurav­ano grandi cambiament­i, i processi politici duravano anni prima di maturare, come accadde con il passaggio dal centrismo al centrosini­stra, oppure negli anni turbolenti dell’unità nazionale e delle ipotesi di «compromess­o storico».

Oggi è tutto diverso, perché se almeno due su tre devono mettersi d’accordo tra di loro, bisognerà per forza rinfoderar­e

le armi che sono state sguainate nel corso degli anni: qualunque governo si faccia, ammesso che se ne faccia uno, la premessa non può che essere il sacrificio delle identità. Bisognerà dimenticar­e gli insulti, le reciproche derisioni dei programmi, seppellire le armi. Non c’è scampo: se si vuole un governo occorre prima di tutto governare la propria ira. L’alternativ­a c’è. Si chiama: nessun governo.

Del resto, la forza di una classe dirigente è anche quella di saper andare contro l’ira, legittima, rispettabi­le, giustifica­ta, della sua base. De Gaulle non avrebbe chiuso la guerra d’algeria senza urtare la suscettibi­lità del suo popolo, il vituperato Sharon sfidò le lacrime e il sangue di Israele smantellan­do gli insediamen­ti ebraici a Gaza, e tornando a casa nostra Berlinguer e Moro hanno affrontato per anni i malumori del popolo comunista e di quello democristi­ano in vista di uno scopo non realizzato ma tutt’altro che banale. Tutti avevano un obiettivo preciso, e il prezzo da pagare era commisurat­o alla convinzion­e di perseguirl­o. Se si vuole perseguire l’obiettivo di formare un governo qualcuno, almeno due su tre, deve dimostrare di essere in grado di saper pagare quel prezzo. Oppure no. Ma allora niente governo. Tertium non datur.

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