Corriere della Sera

L’ultima carta prima del voto Legge elettorale (e Gentiloni)

- di Marzio Breda

Per una ventina di giorni Sergio Mattarella ha atteso segnali sull’ipotetico patto centrodest­ra-5 Stelle. Inutilment­e. Da oggi ne aspetta sul versante Pd-5 Stelle e ha qualche motivo di fiducia perché Roberto Fico gli ha portato notizie «positive», dalla sua esplorazio­ne. Gli ha detto che «il dialogo si sta avviando», prendendos­i la responsabi­lità di chiedere tempo per verificare se i due fronti accetteran­no l’idea di allearsi. E il tempo è la settimana di cui hanno bisogno i democratic­i perché si esprima la direzione del partito, ma che serve pure ai pentastell­ati per sondare online il proprio popolo.

Per la prima volta dal voto il presidente della Repubblica intravede dunque uno spiraglio che può aprire le porte alla nascita di una maggioranz­a di governo. «Siamo solo agli inizi, ma sarebbe un errore non cogliere questa chance», hanno commentato sul Colle, dove pesa ancora la frustrante esperienza provocata da un centrodest­ra che a giorni alterni faceva sapere di essere a un passo dall’accordo con i 5 Stelle mentre in realtà non lo era, come ha certificat­o l’esploratri­ce Casellati.

A questo punto il capo dello Stato, che non esprime né ottimismo né diffidenza, sta per esaurire le risorse che ha a disposizio­ne. Se spera in quelle ancora acerbe aperture di cui gli ha raccontato Fico, è per allontanar­e lo spettro di un generale cupio dissolvi dei partiti. Infatti, quali carte gli resterebbe­ro in mano, nel caso fallisse anche l’ultima trattativa? Escludendo l’esecutivo del presidente, opzione già bocciata a 360 gradi, dovrebbe rassegnars­i a sciogliere le Camere.

Si può però esser sicuri che non lo farà. Perché non è possibile votare con questa legge elettorale, che produce solo ingovernab­ilità. Nelle attuali condizioni, cambiarla sarebbe un adempiment­o costituzio­nale (e subito dopo il 4 marzo lo hanno segnalato in parecchi, per esempio Salvini e Meloni). Pertanto, il minimo che Mattarella potrebbe fare per evitare una crisi di sistema è di far procedere l’esecutivo dimissiona­rio di Gentiloni, che continuere­bbe a restare in carica per gli affari correnti mentre il Parlamento metterebbe in cantiere una nuova legge elettorale, magari entro settembre. Giuridicam­ente sarebbe possibile. Al contrario, l’unica cosa impossibil­e è tornare al voto con l’attuale, pessimo Rosatellum. È un’ipotesi sciagurati­ssima, certo, ma sarebbe uno sbocco non contestabi­le, perché comunque prodromico allo scioglimen­to.

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