Kim a Sud, il vertice-show delle due Coree
Per la prima volta un leader del Nord varca il confine. Sul tavolo la pace definitiva e la denuclearizzazione
SEUL Nel dicembre 2011 era un giovane sconosciuto di 27 anni che ereditava il potere dinastico in Nord Corea; sono seguite purghe brutali nel suo regime, ha eliminato fisicamente parenti e gerarchi che non seguivano la linea; a novembre del 2017 era diventato il «rocket man» che stava spingendo Donald Trump alla guerra. Oggi, a 34 anni, Kim Jong-un è il primo capo del regime nordista a varcare pacificamente la linea del 38° parallelo per stringere la mano al presidente nemico, Moon Jae-in della Sud Corea. E il cerimoniale sudista ha studiato una coreografia spettacolare, piena di simboli, per questo vertice di Panmunjom: il tavolo del colloquio è ovale, distanza tra Moon e Kim 2018 millimetri, calcolata per far risaltare nel legno massiccio la data storica del 2018; poltrone con la sagoma della penisola unita.
I sudcoreani vogliono un grande spettacolo televisivo: tutto in diretta, dall’arrivo di Kim in automobile al momento nel quale scavalcherà a piedi il gradino di cemento sulla Linea di demarcazione militare che spacca la Penisola da 65 anni. E poi passeggiata con Moon, i due che pianteranno insieme un pino nella terra di nessuno e saluteranno una nuova targa commemorativa con la scritta: «Pace e serenità sono seminate qui». Kim passerà in rassegna un picchetto d’onore dell’esercito nemico. E già qui cominciano le polemiche: Moon sta concedendo troppo? L’obiettivo di Kim sembra chiaro: presentarsi come leader ragionevole capace di dialogare. Vuole garanzie di sopravvivenza, per il regime e personali. Che cosa offre di concreto, in cambio? Intanto è il primo capo nordcoreano a venire al Sud: nei due precedenti del 2000 e del 2007 erano stati i sudisti a salire a Pyongyang. Non ne uscì alcun risultato duraturo. «Questo vertice invece avviene all’inizio delle presidenze di Moon e di Trump, con Kim che cerca una svolta, non sono tentativi dell’ultima ora, c’è tempo sufficiente per trovare un’intesa stabile», dice al Corriere il professor Jun Bong-geun, esperto nucleare della Korea National Diplomatic Academy.
Kim ha già annunciato il congelamento dei test nucleari e missilistici e l’abbandono del sito di Punggye-ri, dove ancora a settembre dell’anno scorso è esplosa la sesta atomica sperimentale. E poi, questo vertice tra coreani divisi potrebbe portare all’annuncio che la Guerra di Corea è finita: nel 1953, a Panmunjom, fu siglato solo un armistizio. Agli Stati Uniti, in realtà, si rivolgono ora Moon e Kim: si aspetta la prova della verità, il faccia a faccia tra il Maresciallo e Donald Trump. «Non possiamo scrivere un’agenda diversa da quella americana, possiamo solo lavorare alla normalizzazione dei rapporti inter-coreani e aspettare Trump», ci dice Cho Seongryoul dell’institute for National Security Strategy di Seul. Il presidente americano esige la «denuclearizzazione» della Nord Corea, Kim si sarebbe detto disponibile a discuterne, ma sembra impossibile che rinunci a tutte le armi proibite (ieri, intanto, i genitori di Otto Warmbier, il ragazzo americano detenuto per 16 mesi a Pyongyang e rispedito a casa in coma l’estate scorsa, per morire poco dopo, hanno fatto causa alla Nord Corea per aver brutalmente torturato e ucciso il loro figlio).
Moon, da parte sua, vuole che riprendano gli incontri tra le migliaia di famiglie coreane divise dalla guerra, un problema doloroso e molto sentito a Seul; vuole ottenere che i vertici vengano istituzionalizzati, per dare continuità al dialogo.
Kim arriva con la sorella Kim Yo-jong, esperta di propaganda che ha già preso d’assalto i cuori sudisti durante le Olimpiadi. Secondo le voci, il Rispettato Maresciallo viaggia portandosi dietro la toilette personale, per non lasciare all’intelligence avversaria tracce da analizzare per determinare lo stato della sua salute.
I mille simboli
Sulle poltrone la forma della Penisola unita; i due leader piantano un pino della pace
d Siamo all’inizio dei mandati di Moon e Trump e Kim vuole la svolta. C’è tempo per un’intesa stabile Jun Bong-geun
esperto della Korean Diplomatic Academy