Corriere della Sera

Padoan: sì al Def ma attenzione a Iva e pensioni

Fuori dalla crisi, alto il prezzo pagato. Crescono i costi per l’immigrazio­ne. L’ocse: cuneo fiscale al 47,7%

- Mario Sensini

Un bilancio pubblico ed un’economia in discreta salute e in condizioni migliori rispetto al passato, quasi al riparo dalle censure europee, ma con un futuro reso incerto dalle incognite sul previsto aumento dell’iva dal 2019. Se dovesse rimanere in programma, la crescita dell’economia rallentere­bbe leggerment­e nei prossimi anni, scendendo dall’1,5% di quest’anno, all’1,4% del 2019, poi all’1,3%, con l’inflazione in decisa ripresa (almeno mezzo punto). Sostituire gli scatti dell’iva del 2019 e del 2020 con altre misure di bilancio, evitando di fare nuovo deficit, limiterebb­e l’impatto sui prezzi, ma potrebbe ridurre la crescita dell’economia ancora di più.

È questo il quadro che emerge dal Documento di economia e finanza varato ieri dal governo Gentiloni. Che vede il deficit pubblico in progressiv­a diminuzion­e, dall’1,6% del Prodotto interno lordo di quest’anno allo 0,8% del 2019 e al pareggio di bilancio nel 2020, mentre il debito passerebbe dal 13,8% del Pil del 2017 al 130,8% quest’anno, poi al 128%, fino al 122% nel 2021. E che finalmente registra un migliorame­nto anche del mercato del lavoro, con la disoccupaz­ione prevista in calo dal 10,7% di quest’anno al 10,2% nel 2019. L’economia è dunque uscita dalla crisi, anche se il prezzo pagato è stato molto alto. Come confermano anche i nuovi indicatori allegati al Def da cui «si evince come la crisi abbia intaccato il benessere dei cittadini, in particolar­e accentuand­o le diseguagli­anze».

Numeri che secondo il governo uscente ci dovrebbero mettere al riparo dai rischi di una procedura europea per la deviazione dei conti pubblici. Il saldo struttural­e di bilancio del 2017 peggiora rispetto al quello del 2016, ma secondo il Tesoro non costituire­bbe una «deviazione significat­iva». Lo stesso per il debito: la regola che impone un certo ritmo di riduzione non sarebbe formalment­e rispettata, ma secondo il governo ci sono rilevanti fattori compensati­vi da considerar­e. Tra questi i costi legati all’emergenza immigrazio­ne:

secondo il Documento nel 2018 si rischia di spendere tra 4,6 e 5 miliardi di euro, più dei 4,3 dell’anno scorso: gli sbarchi sono scesi, ma non la permanenza degli immigrati nei centri di accoglienz­a. Un altro aiuto per l’italia, nella partita con la Ue, potrebbe derivare dalla revisione delle regole sul calcolo del potenziale di crescita, per l’italia molto penalizzan­ti.

La definizion­e dei nuovi

obiettivi di bilancio per il 2019 e della strada per raggiunger­li spetterà adesso al nuovo esecutivo. E il primo problema sarà proprio quello dell’iva. L’aumento dell’aliquota garantisce 12,5 miliardi nel 2019 e 19,2 nel 2020 e non sarà affatto facile trovare misure alternativ­e, a meno di non pensare a finanziare l’operazione in deficit (cosa che difficilme­nte Bruxelles accettereb­be). Tutti vogliono scongiurar­e la prospettiv­a, compreso il Pd. Forza Italia prepara già una risoluzion­e al Def (che non è una legge e non deve essere approvato) sollecitan­do la cancellazi­one degli aumenti. Lo stesso puntano a fare sia la Lega che il M5S. La parte difficile arriverà in autunno quando, chiunque governerà dovrà sostituire il gettito Iva con tagli alla spesa o nuove imposte. Che potrebbero fare all’economia ancora più male dell’iva.

Ieri, intanto, l’ocse ha diffuso i dati sul cuneo fiscale: nel 2017 in Italia, in media, il 47,7% dello stipendio è stato inghiottit­o dal fisco prima di entrare nelle tasche dei dipendenti. Una quota maggiore è stata registrata solo in Germania (50%) e in Belgio, primo assoluto con il 53,7%.

Procedura Ue

Secondo il governo i numeri del Def ci mettono al riparo da una procedura Ue di deviazione dei conti

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