La rivoluzione comincia con un biglietto fortunato
«I comunisti che vinsero alla lotteria» di Vladimiro Polchi (Rizzoli)
Dopo aver letto sul quotidiano di Barcellona «La Vanguardia» la storia della vincita milionaria alla lotteria di un manipolo di vecchi comunisti andalusi nel Natale 2016, Vladimiro Polchi ha scritto di getto venti pagine, le ha firmate con il nome di fantasia Valentino Delle Donne, e le ha spedite alla sua agente, Vicki Satlow. Voleva verificarne la forza, a prescindere dall’autore. Michele Rossi, responsabile della narrativa italiana di Rizzoli, le ha lette e le ha comprate a scatola chiusa. Poi nel corso di un blind date milanese, un appuntamento al buio organizzato dall’agente, ha scoperto la vera identità di Valentino Delle Donne; in realtà uno dei più interessanti tra i giovani scrittori italiani. Infatti I comunisti che vinsero alla lotteria è una storia divertente e commovente insieme.
In Spagna la lotteria di Natale è un rito che coinvolge paesi e comunità. La storia vera del pueblo andaluso è stata trasportata da Polchi in un immaginario borgo italiano, Pietra Rosata, a ventitré chilometri e a un centinaio di curve dall’altrettanto immaginario capoluogo di Caprifoglio, sulla montagna di Santa Marta. Ilario Morale, impiegato del sempre immaginario (ma neanche troppo) ministero Affari Privati e Finanze Pubbliche, affetto dalla mania di contare le persone con cui entra in contatto (buongiorno e buonasera vale un punto, il resto a salire), si mette in viaggio per Pietra Rosata, felice di poter portare una buona notizia: un gruppo di giocatori ha vinto 56 milioni al Superbillion. Non conosce ancora però i vincitori, e in particolare il loro capo, il leader comunista locale: Ninito.
«Ninito aveva compiuto ottant’anni un mese prima. Largo, alto e pesante, scuro di capelli e di carnagione, pareva un vecchio orso, ancora forte e imponente a dispetto dell’età… Era un oratore impareggiabile. La sua capacità di parlare in pubblico, affinata in anni di concitate assemblee e manifestazioni, era celebre tra i pietresi. Gestualità teatrale, pause sceniche, improvvisa drammatizzazione dei toni catturavano l’attenzione anche dei più stanchi e cinici tra i lavoratori». Così l’autore introduce il coprotagonista, che finisce per sconvolgere anche la vita del giovane Ilario. Ninito e i suoi compagni vogliono infatti investire una parte della vincita nella rivoluzione. Finanzieranno una campagna elettorale per sconfiggere finalmente l’eterno sindaco di Caprifoglio, Renato Dellone, una sorta di Cetto Laqualunque che tiene la frazione in condizioni di arretratezza, compresa la luce elettrica che va e viene.
I romanzi non si raccontano. Si può tentare di restituirne l’atmosfera, qualcosa tra la saga di Don Camillo e Peppone e i racconti del realismo magico latinoamericano: il biglietto della lotteria viene ovviamente perduto e a lungo ricercato; i comunisti conquistano il prete promettendo una donazione per la parrocchia, mentre il sindaco non ha ancora dato i soldi promessi per restaurare il campanile barocco; in lista viene candidato il giovane ballerino che lavora in tv e ha i genitori nigeriani ma la cittadinanza italiana, mentre la vicesindaca è stata in galera per aver venduto sigarette di contrabbando; per la campagna elettorale si acquista all’asta un camion dei pompieri, con «sei posti a sedere, l’autoscala funzionante, un vecchio motore diesel con trecentomila chilometri, che però ne può macinare ancora tanti»: «Un mezzo che attira l’attenzione e fa simpatia, non solo ai bambini».
Pare la cronaca di un’italia perduta, d’altri tempi, ma che a saperla guardare è ancora viva. L’attesa della fortuna improvvisa, i vizi e le virtù che emergono con il cambiare della sorte, il gusto di un mondo piccolo, appartato, racchiuso, dove le passioni non sono meno feroci ma si stemperano in un’umanità pre-digitale; e una scrittura veloce, tutta fatti, dettagli e dialoghi, che fa piangere e ridere, e talora entrambe le cose insieme.