Corriere della Sera

«Da Zelig all’inferno, una vita da film»

Francesca Inaudi nei panni di Maria Rossi, la comica che finì in un ospedale psichiatri­co

- Chiara Maffiolett­i

«F ine maggio non era il periodo migliore per fare uscire un film che affronta un tema tanto delicato. Ma che i progetti indipenden­ti non siano così sostenuti dall’industria del cinema non è una novità». Francesca Inaudi va dritta al punto e lo fa senza polemica, ma con pacata lucidità. Quando ha scelto di diventare Maria Rossi — comica che ha conosciuto il successo sui palchi del

Maurizio Costanzo Show e di Zelig, ma che è poi stata travolta dall’alcolismo, finendo in un istituto psichiatri­co, costretta a un trattament­o sanitario obbligator­io —, l’attrice sapeva che non stava prendendo una strada semplice: «Quando ho ricevuto il copione di Stato di ebbrezza, di Luca Biglione (nelle sale dal 24 maggio), ho pensato fosse una follia. In Italia non siamo abituati a fare film su persone ● Maria Rossi, 58 anni, è una comica nota grazie a «Zelig» (nella foto) ● L’attrice è entrata nel tunnel dall’alcol, finendo in istituti psichiatri­ci. Ha raccontato il suo inferno a teatro viventi: mi sembrava un azzardo. Poi ho letto la sceneggiat­ura e mi sono convinta». Ricordando anche tutte le persone che l’avevano contattata quando, in Ninna nanna, aveva raccontato un altro tema difficile come la depression­e post partum: «C’è la tendenza a dare per scontato che il pubblico non voglia vedere certe storie, ma è vero il contrario. Per quel film mi hanno ringraziat­a moltissime donne. Anche l’alcolismo è più diffuso di quanto si pensi, ma c’è ancora una sorta di vergogna nel raccontarl­o».

Per Inaudi, quella di Maria è anche una «storia di riscatto che arriva dal rapporto con gli altri; quando capisci che non sei il solo a vivere certi problemi. Le persone diventano uno specchio che ridimensio­na». L’ha conosciuta davvero, Maria, «ma sul set l’ho tenuta lontana. Da una parte perché il confronto con la realtà è perso in partenza e io stavo cercando di restituire la sua storia attraverso il mio punto di vista. E poi perché certi momenti del film sono forti e vederli è tosto. Volevo tutelarla, non so. So che sono stata lei per oltre un mese e si è creato un rapporto umano importante. Le voglio bene. Maria ha capito le mie ragioni, proprio dopo che si era intrufolat­a durante le riprese di una di quelle scene difficili. “Mi hai fatta piangere”, mi ha detto dopo. Lì si è resa conto che la mia era solo la volontà di non ferirla».

Sembra che a volte basti pochissimo per perdersi... «E’ così, basta assecondar­e il pensiero che siamo soli, che nessuno può comprender­e il nostro dolore. Alimentand­o l’idea della solitudine». E’ mai capitato a lei? «Momenti difficili Sguardo Francesca Inaudi è nata a Siena l’ 8 dicembre 1977. Com attrice ha debuttato a teatro ce ne sono continuame­nte. Probabilme­nte è perché metto sempre l’asticella più in alto e quindi fatico di più per trovare soddisfazi­one. Per riuscirci, prendo parte a progetti in cui credo».

Nello spettacolo, un giorno i riflettori sono puntati su di te, quello dopo possono spegnersi. «Io ci sono finita per caso: facevo teatro e non avevo altre ambizioni. Poi è arrivato il cinema e inizi a vivere di un mestiere che è fatto anche di visibilità: spesso sono più i problemi dei vantaggi, ma è innegabile che è una ruota e quando stai in basso, soffri». Il suo antidoto per «non ubriacarmi, è stato il teatro, dove impari subito che se non c’è chi ti apre il sipario, non vai in scena». Per parlare delle sue ambizioni, si torna all’asticella: «Da due anni vivo tra Roma e gli Stati Uniti (ha recitato anche per Ridley Scott, ndr.). Il sogno sarebbe portare in scena lì un testo teatrale, continuand­o a scommetter­e sulle cose piccole, ma che mi piacciono».

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