L’oblio collettivo sul 25 aprile e il ruolo del servizio pubblico
Davvero il 25 aprile ha perso la sua carica emotiva? Davvero, come sostiene lo storico Emilio Gentile, la data che segna la liberazione del paese dalla dittatura nazi-fascista e la fine della seconda guerra mondiale si sta dissolvendo in un oblio collettivo?
Il 25 aprile è solo cronaca (i vergognosi insulti contro la Brigata Ebraica) e non più storia? Il palinsesto del servizio pubblico è un buon osservatorio per verificare la tesi di Gentile. La sera del 25 aprile sulle tre reti principali della Rai andavano in onda questi programmi: Rai1, il film Amiche da morire; Rai2, un omaggio musicale a Lucio Dalla, per la serie Unici; Rai3, l’immarcescibile Chi l’ha visto? Durante la giornata i tre canali hanno aperto piccole finestre sulle celebrazioni del 73° anniversario della Liberazione: al mattino una diretta da Casoli, a cura di Rai Quirinale, modesti spazi dentro I Fatti Vostri e Detto Fatto, qualche film e Corrado Augias.
Ma non è questo il modo con cui un servizio pubblico dovrebbe celebrare la festa più importante della Repubblica, quella «Patria che aveva meritato il sacrificio eroico di tanti soldati italiani», come ha ricordato il presidente Sergio Mattarella. Si dirà: ma la Rai ha altri canali. È vero e, infatti, nella marginalità Rai Storia ha fatto il suo dovere con una lunga maratona. Interessante il documentario Tra resistenza e martirio, in cui sono raccontate tre grandi figure della Resistenza piemontese: Emanuele Artom, ebreo, Willy Jervis, valdese, Leletta d’isola. Ma quando giustamente si parla di oblio collettivo, entra in gioco prepotentemente il ruolo del servizio pubblico, la sua capacità di saper ancora fare massa critica, la capacità di confezionare programmi in cui l’intelligenza e la creatività non vengano umiliate.
O dobbiamo prender atto che il ciclo storico del servizio pubblico è concluso? Che la sua idea sia ormai solo idealizzazione?