«Maurizio, il caffè come lo prendi?» Programmi e cortesie, le 77 ore di Fico
d Parliamo di programmi, è importante rimettere al centro i temi nell’interesse del Paese
MILANO «Maurizio, tu come prendi il caffé?». È la tarda mattinata di giovedì quando Roberto Fico accoglie la delegazione del Pd. Ormai sono trascorse quasi 72 ore da quando ha ricevuto, poco prima di mezzogiorno di lunedì, la telefonata di convocazione al Colle che di fatto ha dato il via al mandato esplorativo. Una telefonata in parte attesa, nell’aria, a cui il presidente della Camera ha risposto personalmente. E proprio allo stesso modo, in prima persona, dando del tu ai suoi interlocutori, ha deciso di gestire i colloqui. Pure nei dettagli. Anche ora che il suo compito sta per esaurirsi, lì — nel Salottino del presidente a Montecitorio — è lui a servire direttamente il caffé ai suoi ospiti. C’è lo spazio per scherzare e il clima, sebbene nel rispetto istituzionale, è cordiale e rilassato. Paradossalmente Fico è un po’ più attento al protocollo con il Movimento, con gli ex colleghi di tante battaglie politiche.
Il suo ruolo super partes gli impone, però, di andare dritto al nocciolo. «Parliamo di programmi, è importante rimettere al centro del discorso i temi nell’interesse del Paese», ribadisce con chiarezza ai suoi interlocutori. La linea di Montecitorio è in sintonia con quella del Quirinale. Con Sergio Mattarella sono stati condivisi tutti i passaggi e al capo dello Stato — al termine di settantasette ore convulse — proprio a lui spiega quello che poi — in un discorso a braccio — dirà davanti alle telecamere. Ai microfoni userà le parole «esito positivo», al capo dello Stato pochi minuti prima Fico ha spiegato — nella mezz’ora abbondante di colloquio — che è caduta la pregiudiziale che bloccava il nascere di una
I rapporti
La scelta di gesti informali con i dem e più «protocollo» con i colleghi del Movimento
trattativa, che i Cinque Stelle hanno chiuso il forno con la Lega e che ora è partito un confronto, che sarà lungo e complesso. Il suo lavoro, quindi, — salvo nuove richieste del presidente della Repubblica — è concluso.
Un esito che il successore di Laura Boldrini, lunedì, non considerava per nulla scontato. Anzi. Proprio per la delicatezza dell’impegno, ha deciso di agire direttamente. Senza intermediari. E ha preferito ridurre al minimo essenziale le persone coinvolte nei colloqui. Meglio procedere senza fronzoli: è stato il mantra dei tre giorni di incarico. Al punto che martedì, al primo giro di consultazioni,
quando i quattro esponenti dem si sono presentati alla spicciolata, arrivando da soli a distanza di pochi minuti uno dall’altro, Fico gli è andato incontro, aspettandoli nell’anticamera della sala. E in buona parte si è dedicato ad ascoltare i dubbi, le aperture, le richieste delle parti. Solo con Luigi Di Maio si è lasciato andare — martedì — a qualche divagazione sportiva, per festeggiare l’impresa del «suo» Napoli, capace di superare la Juventus a Torino.
E anche il 25 aprile, nel giorno della Liberazione, dopo la cerimonia all’altare della Patria, il presidente della Camera è tornato nel suo ufficio a Montecitorio a lavorare sottotraccia. Ha chiamato personalmente, di nuovo, Martina e Di Maio per definire, tessere le fila degli incontri del giorno successivo. L’obiettivo è creare un ponte tra due mondi finora distanti. Un filo sottile. Sapendo che la trattativa passerà da argomenti delicati come i provvedimenti sulle carceri. Il filo, però, resiste. E Fico, una volta lasciato il Colle e concluso il suo mandato esplorativo torna a Montecitorio per due ore di riunione sui tagli ai vitalizi.