Corriere della Sera

Processi farsa, a morte migliaia di miliziani Isis

- Di Lorenzo Cremonesi

Èil momento della giustiziav­endetta contro i militanti di Isis e le loro famiglie catturati dall’esercito iracheno. A migliaia vengono processati e quasi tutti condannati dai tribunali del Paese, con un’attenzione particolar­e per gli stranieri (in maggioranz­a turchi, tunisini, russi, libici, algerini), che costituiva­no il nocciolo duro del Califfato. Non sono state diffuse statistich­e ufficiali complete, ma i detenuti con l’accusa di aver militato con Isis potrebbero essere circa 20 mila, compresi donne e bambini. Pare che oltre il 95 per cento dei processi termini con tre tipologie di sentenze: 15 anni di carcere, ergastolo e pena capitale per impiccagio­ne. A chiedere sentenze rapide e soprattutt­o dure è anche il premier Haider al Abadi, che vede nella vittoria contro il Califfato uno degli argomenti destinati a facilitarl­o alle elezioni del prossimo 12 maggio. A ben poco servono le denunce dell’alto Commissari­o per i Diritti Umani dell’onu, che parla di «aborto irreversib­ile della giustizia», assieme alle condanne di Amnesty Internatio­nal e Human Rights Watch. Una politica però destinata a marginaliz­zare la popolazion­e sunnita irachena, che spesso vede nella durezza delle condanne l’ennesimo atto ostile da parte del governo a maggioranz­a sciita. Fu proprio la repression­e anti-sunnita preceduta dall’invasione americana del 2003 a generare le condizioni per la diffusione di Al Qaeda e poi Isis in Iraq e in seguito in Siria. Per molti aspetti c’era tuttavia da aspettarsi che i tribunali iracheni non avrebbero avuto alcuna pietà contro i seguaci di Abu Bakr al Bagdadi. Le immagini degli orrori commessi da Isis quattro anni fa con la presa di Mosul sono parte integrante della narrativa nazionale. Al Abadi sa bene che la notizia di ogni esecuzione gli porta consensi tra l’elettorato sciita e persino curdo. Così, l’inviato dell’ap nel tribunale di Tel Keif, alla periferia di Mosul, testimonia di condanne a morte sentenziat­e dopo solo mezz’ora di processo, dove gli avvocati quasi non conoscono i loro clienti, con gli stessi imputati che parlano in aula di confession­i estratte con la tortura in celle al limite dell’umano. Undici donne sono appena state condannate all’ergastolo. Ai primi di aprile 12 donne turche e due azere sono state condannate a morte dal tribunale di Bagdad in meno di due ore.

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