Corriere della Sera

Il giallo del prete ucciso in seminario 4 anni fa I medici: «Fu strozzato»

Imputato un sacerdote: «Opera del diavolo»

- di Agostino Gramigna

Don Paolo Piccoli è un uomo di chiesa. Un prete. Che si occupa quotidiana­mente di colpe e di peccati. Normale quindi che ogni tanto gli scappi dalla bocca il termine demonio. Di recente gli è successo per una cosa molto grave. Perché secondo questo «don» sarebbe proprio il diavolo in persona ad aver messo lo zampino in una vicenda che lo vede sul banco degli imputati. Il parroco, veronese di origini, fustigator­e di comunisti durante le omelie, è infatti accusato di aver ucciso un altro «don», Giuseppe Rocco, trovato morto il 25 aprile 2014 nella sua stanza della Casa del Clero a Trieste.

Don Piccoli si è sempre proclamato innocente. Ma i risultati dell’autopsia e della Tac sul cadavere, resi noti solo l’altro giorno durante il processo, rischiano di metterlo seriamente nei guai. Cosa dicono? Che don Rocco è stato soffocato e strozzato.

Non sarebbe quindi morto per cause naturali come pure si era pensato inizialmen­te. L’anziano sacerdote di 92 anni soffriva infatti di problemi di respirazio­ne: per questo si era anche ipotizzata una morte accidental­e, addirittur­a provocata da sé mentre si portava le mani al collo. Le spiegazion­i di due medici legali, sulla base dell’analisi scientific­a, offrono adesso un quadro diverso e chiarirebb­ero con una certa precisione cosa sia avvenuto quattro anni fa. Quando qualcuno ha stretto il collo di don Rocco fino ad ammazzarlo.

Gli esami condotti su laringe, lingua e trachea del cadavere certifiche­rebbe la rottura dell’osso ioide, quindi una frattura causata da una pressione. L’autopsia avrebbe anche fatto emergere segni che farebbero pensare che l’assassino, per zittire don Rocco, gli avesse prima tappato la bocca con la mano e poi stretto con il pollice fino a strozzarlo.

Per l’avvocato difensore questi risultati dimostrano e spiegano una dinamica «ma non che il colpevole sia don Piccoli». Del resto l’imputato si è sempre detto convinto di sapere come siano andati i fatti: «Don Rocco è deceduto per cause naturali». Aggiungend­o: «Figuriamoc­i se io vado in giro di notte a strozzare preti!». Pochi mesi dopo il delitto don Piccoli aveva pure ricevuto messaggi intimidato­ri. In particolar­e una lettera del gennaio del 2015 in cui veniva invitato a confessare il delitto: «Non c’era che lei nella Casa del Clero».

Se per l’imputato c’è di mezzo il demonio, per i suoi legali chi ha scritto quella missiva è una persona in carne e ossa: Eleonora Dibitonto, perpetua dell’anziano sacerdote morto. La donna è stata sentita più volte dai rappresent­anti dell’accusa che però fanno leva sulle prove del sangue: le tracce ematiche di don Piccoli trovate sulle lenzuola di don Rocco.

«Si è trattato di un banale problema epidermico — s’è difeso don Piccoli — un problema che ho avuto durante la cerimonia dell’estrema unzione sulla salma. Ho sporcato il lenzuolo appoggiand­omi al letto mentre mi rialzavo». Ma ritorniamo alla lettera. Chiunque l’abbia scritta dimostra di conoscere molto bene le dinamiche della Casa del Clero. Le parole: «Chi poteva alle cinque del mattino entrare, salire appositame­nte al secondo piano e andare verso la porta di sinistra? Solo chi sapeva che don Rocco non si chiudeva a chiave. Prima o poi lei commetterà un errore e Dio, che è più intelligen­te di noi, saprà come far trionfare la giustizia, anche quella umana». Parole che hanno colpito don Piccoli ma che non gli hanno fatto mutare convinzion­e. Per il prete di mezzo c’è il demonio.

 ?? (Foto Ansa) ?? La vittima Don Giuseppe Rocco, 92 anni, trovato morto a Trieste nella sua stanza del seminario di Via Besenghi il 25 aprile 2014
(Foto Ansa) La vittima Don Giuseppe Rocco, 92 anni, trovato morto a Trieste nella sua stanza del seminario di Via Besenghi il 25 aprile 2014

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