«Serve un’authority dell’acqua. Con sede a Milano»
I nuovi mercati
«I consumi alimentari stanno cambiando, molto si muove sulle piattaforme digitali»
d Acqua significa sicurezza alimentare, la chiave di questo secolo: serve un’organizzazione internazionale che regoli, disciplini e stimoli questo ambito enorme
Marco Gualtieri, 48 anni, è un caso italiano non comune di fondatore di aziende innovative in serie. Da neolaureato ha lanciato Ticketone, per la vendita online di biglietti a musei e eventi. E oggi è alla vigilia della quarta edizione di Seeds & Chips, l’evento internazionale di Milano (fra il 7 e il 10 maggio) dedicato all’unione fra alimentazione di qualità e piattaforme hi-tech.
Gualtieri, è soddisfatto del programma di quest’anno?
«Lo sono per il riconoscimento internazionale, non lo sono per scarsa comprensione e assenza di molti degli attori nazionali».
Cosa intende dire?
«Molti soggetti, aziende o istituzioni, non hanno capito quello che cerchiamo di fare per la loro attività di affari e per il sistema Paese, in modo da rafforzare la posizione dell’italia nella competizione globale».
In verità l’industria agroalimentare di qualità italiana viene considerata un fiore all’occhiello del made in Italy. Lei non concorda?
«Non voglio fare il disturbatore di professione, il mio spirito è costruttivo. Ma bisogna tener presente che l’innovazione nel settore agroalimentare comporta minacce e opportunità. Un’azienda alimentare italiana deve competere nel mondo e per questo deve seguire i cambiamenti nei modelli di consumo. Non può disinteressarsi delle grandi sfide: sostenibilità, tracciabilità, trasparenza del processo produttivo. Il consumatore oggi vuol sapere come è stato prodotto ciò che sta mangiando, e come è arrivato alla sua tavola. Non vuole solo del cibo, vuole che quel cibo abbia una storia e che gli sia raccontata».
Le imprese italiane sono sensibili a questi temi?
«Non abbastanza. È come se noi avessimo la più bella compilation musicale del mondo, quella che tutti vogliono ascoltare e comprare, ma questa compilation non fosse sulle grandi piattaforme internazionali».
Che significa che non è sulle piattaforme?
«Che i consumi stanno cambiando, molto si sta muovendo sul digitale. Le scelte d’acquisto sono spostate sempre più su una serie di meccanismi dei colossi tecnologici, ma anche verso una serie di piccoli e medi operatori emergenti. E noi non usiamo abbastanza questi linguaggi».
Manca una grande holding dell’alimentare come Nestlé o Unilever?
«Sicuramente la frammentazione fra moltissimi produttori piccoli e medi non aiuta scelte coordinate e di sistema. Ma soprattutto manca il giro di boa. Non ci si è resi conto che il mondo è del tutto cambiato in questi ultimi anni, dunque si resta attaccati a vecchie logiche senza presidiare i nuovi meccanismi per stare sul mercato. Parlo ovviamente in generale dell’agroalimentare italiano».
Può fare degli esempi?
«C’è una start-up californiana che si chiama Innit. È la piattaforma della cucina intelligente: fornisce ai grandi produttori di cucine una tecnologia che mette in collegamento il frigo, il forno e le altre funzionalità domestiche. C’è un sensore sul quale si appoggia il prodotto, per esempio dei broccoli. E il sistema indica tutte le ricette possibili a partire dai broccoli con quello che si ha in casa. Eppure finora mettendo quei broccoli non veniva fuori niente di italiano. Solo ricette con prodotti “Italian sounding”: imitazioni estere nelle nostre specialità».
Milano non avrà l’autorità europea del farmaco. Che effetto le fa?
«Bisogna ripartire. L’italia deve giocare tutta insieme una partita strategica perché si crei un’autorità internazionale dell’acqua e abbia sede a Milano. Acqua significa sicurezza alimentare, la chiave di questo secolo. Serve un’organizzazione internazionale che regoli, disciplini e stimoli anche con l’innovazione sul sistema internazionale delle acque. Noi abbiamo le carte in regole per ospitarla».