Se un decreto per semplificare discrimina i figli delle coppie non sposate
Le intenzioni erano buone. Si trattava di mettere un po’ d’ordine nella complicata materia della Giustizia e trasferire all’interno del codice penale reati e circostanze contenute in diverse leggi speciali. Peccato che però durante il trasferimento — quasi fosse il trasloco fisico di un ufficio — qualcosa è andato perduto. Che nel nostro caso significa questo: sono andate «perdute» (cioè sono state abrogate) le leggi che tutelavano allo stesso modo i figli «legittimi» (nati all’interno del matrimonio) e quelli «naturali» (nati da unioni non matrimoniali). Da un giorno all’altro siamo tornati alle norme esistenti prima del 2006 quando per la prima volta — nel caso che uno dei coniugi non pagasse gli assegni di mantenimento — si stabilì la stessa tutela penale per i figli nati dentro e fuori dal matrimonio. Un percorso di parificazione che poi sarebbe stato completato con le leggi del 2012 e 2013, grazie alle quali nel diritto di famiglia fu possibile non avere più nessuna distinzione. I figli — si disse finalmente — sono figli e basta anche nella definizione,
Il passo indietro
In vigore dal 6 aprile scorso, ci fa tornare indietro alle norme esistenti prima del 2006, quando finalmente si stabilirono uguali tutele
non più legittimi o naturali e tutti, indistintamente, tutelati dal codice penale. Per arrivare a quel principio, dunque, ci sono voluti sette anni. Per cancellarlo, invece, è bastato il tempo di scrivere le nuove norme del decreto numero 21 in vigore dal 6 aprile scorso. Si doveva, appunto, semplificare la materia ma chi lo ha fatto si è limitato a trascrivere nel decreto soltanto la norma base, la 570 bis, senza tener conto di tutto quel che giuridicamente è arrivato dopo. Questo significa che se sei un padre che non paga l’assegno di mantenimento per i figli commetti sì un reato che prevede la carcerazione violando gli obblighi di assistenza familiare, ma lo commetti secondo l’articolo 570 bis. E in quell’articolo si parla di pene che «si applicano al coniuge...». Esclusivamente al coniuge. Perciò se sei padre non sposato di figli che non vuoi mantenere nonostante gli ordini del giudice non commetti alcun reato. Una specie di condono per chi, fuori dal matrimonio, si sottrae all’obbligo di assistenza. Una valutazione negativa di tutto questo arriva dall’ufficio del massimario della Cassazione, il centro studi della Suprema Corte che analizza le leggi e controlla che siano conformi ai principi di diritto. È «innegabile» — dice un passaggio della relazione — che ci troviamo davanti a «un’obiettiva disparità di trattamento, posto che i figli di genitori non coniugati non potranno ricevere tutela». In pratica migliaia di processi pendenti contro genitori non sposati e inadempienti nell’assistenza familiare in teoria vanno verso l’assoluzione perché il fatto «non è più previsto come reato». Certo, si può contare sulla diversa interpretazione del 570 bis e sostenere, per esempio, che con «coniugi» si intende «coppia». Ma è la stessa Cassazione che avvisa: «Difficilmente sostenibile». Come dire: cercate una soluzione migliore. Ecco.