Corriere della Sera

Mura ciclopiche, taberne romane e antichi mosaici tra fiori e cardi

- di Paolo Conti

Alba del paesaggio Fucens, Monte d’abruzzo, Velino, la città nel romana cuore è uno ai del di piedi quei severo gioielli archeologi­ci italiani poco conosciuti, perché tagliati fuori dagli stressanti circuiti turistici, ma che da soli mostrano magnificam­ente cosa fosse la civiltà urbanistic­a e culturale di Roma. La riscoperta del sito è relativame­nte recente, risale al 1949 e si deve all’archeologo belga Fernand De Visscher e all’università di Lovanio. Alba Fucens diventò colonia romana nel 303 avanti Cristo e ora mostra orgogliosa­mente un anfiteatro scavato nella roccia dall’acustica perfetta, una griglia stradale chiarament­e leggibile di cardi e decumani, il mercato (o macellum), una bella domus con i vani ben divisi e i loro mosaici, le taberne con i pavimenti originali (e le condutture in piombo per l’acqua, i banconi per i clienti), le terme, il sacello di Ercole. E il recinto delle mura ciclopiche (avevano quattro porte di accesso alla città) lunghe tre chilometri intorno all’abitato. La Chiesa di san Pietro del XII secolo, costruita sopra la cripta del Tempio di Apollo, aggiunge stupore a un luogo che sembra attendere l’attenzione e il tempo necessari per un incontro (più che una semplice visita) indimentic­abile. Il silenzio, il profumo e i colori della terra abruzzese, l’aria pulitissim­a contribuis­cono a un piccolo miracolo, che è in realtà immenso. Un tramonto ad Alba Fucens sarà un ricordo incancella­bile.

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