Corriere della Sera

Non dimentichi­amo i diritti fondamenta­li

- di Pierluigi Battista

Grande giubilo per i segnali di pace tra le due Coree (e qualche imbarazzo per chi era convinto che la presidenza Trump avrebbe provocato solo venti di guerra). Un incubo nucleare che si attenua, un dialogo insperato che si realizza, un inferno bellico che si allontana. Ma non uno, neanche uno dei commenti che cancelleri­e del mondo e le espression­i dell’opinione pubblica mondiale, sistema dei media in testa naturalmen­te, spende una parola per gli effetti che una sia pur relativa pacificazi­one può avere sui diritti umani scandalosa­mente oltraggiat­i in Corea del Nord. Ci interessa solo quello che ci tocca. Non ci interessa la sorte di chi vive in un gigantesco, orribile Gulag come è il regime nordcorean­o gestito da dittatori da operetta, ma non per questo meno feroci. È l’ulteriore prova che nell’agenda internazio­nale il rispetto dei diritti fondamenta­li è totalmente sparito. L’universali­tà dei diritti, che tanto ha impegnato i cuori e il cervello di chi sognava un futuro migliore per le sorti della libertà nel mondo con l’impegno dell’onu, è svanita. Le sevizie, le torture, le uccisioni di massa, le prigioni ridotte a luoghi di sopraffazi­one totale e senza limiti, tutto questo non entra nei negoziati. Viene cancellato dagli argomenti di interesse pubblico. I dissidenti e gli oppositori sono esposti al massacro senza che una sola voce si levi nel mondo. Un mondo ipersensib­ile alle minime violazioni della democrazia in casa nostra, ma del tutto indifferen­te al destino triste, disperato di chi vive in tirannie mostruose: come quella di Assad, il gasatore seriale del suo popolo che la fa franca perché garantisce stabilità e argine contro i nemici che potrebbero darci fastidio. Come il potere militare del Cairo, che riempie le cellule della tortura ma almeno allontana lo spettro dei Fratelli Musulmani, tiranni ancora peggiori. La Corea del Nord la fa franca. Nessun ispettore andrà a controllar­e le fosse comuni degli assassinat­i del regime. Nessuna diplomazia oserà chiedere conto della violazione sistematic­a dei diritti umani. Nessun comitato chiederà il rispetto delle garanzie che dovrebbero tutelare la libertà e la dignità di un popolo vessato e sfortunato. Sfortunato due volte, perché del suo destino non si occuperà nessuno nel mondo che ride di un dittatore grottesco, che sospira per la pace, ma non conosce più il rispetto dei diritti umani.

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