Corriere della Sera

Buoni e cattivi per lui pari sono

Parte la nuova saga di Jeffrey Archer: riscatto sociale e segreti, con un po’ d’autobiogra­fia Harpercoll­ins pubblica «Solo il tempo lo dirà» dell’autore britannico, già politico conservato­re poi finito in carcere

- di Andrea Purgatori

Pare che Harry Clifton sia un ragazzo d’oro, un po’ Oliver Twist e un po’ Garrone. Cresciuto senza padre — Arthur, di cui si dice fosse atletico e bello da far girare la testa a tutte le ragazze della scuola, ucciso in guerra non si sa come — e con una madre — Maisie, anche lei bella e determinat­a come sa esserlo solo una donna all’inseguimen­to di un riscatto sociale — che per questo unico figlio sogna un grande futuro. Pare che Harry sia anche un ragazzo coi piedi ben piantati per terra. Infatti, dal suo punto di vista non c’è ambizione che tenga, il futuro deve somigliare al presente avventuros­o dello zio Stan: svuotastiv­e di mercantili in arrivo da terre lontane al porto di Bristol, uno che si lava quattro volte l’anno e ogni mattina gli lascia leccare il piatto del pudding (dopo averlo mangiato).

Pare, perché in questo primo volume della saga dei Clifton (Solo il tempo lo dirà, Harpercoll­ins) Jeffrey Archer gioca col lettore a dare per scontato quello che invece potrebbe ribaltarsi. Al momento, da una parte i buoni e dall’altra Hugo Barrington. Ricco, potente e spietato come i cattivi disegnati dai romanzi dell’ottocento, anche se qui siamo nel dopoguerra del primo conflitto mondiale in un Galles che puzza di carbone e miseria. Dove la scintillan­te Bugatti di Hugo attraversa le povere case dei suoi operai portuali con la stessa arroganza con cui lui cerca di tenere fuori dalla porta di casa il peccato originale del suo passato.

Quel peccato si chiama Maisie ed è rimasto un segreto tra loro due, consumato qualche giorno prima che lei sposasse il padre di Harry. Mentre Arthur stava scolando quattro pinte di birra invece di portarsela a letto, come Maisie aveva programmat­o dopo avergli concesso solo qualche carezza e un po’ di baci. E si sa, o s’immagina, che in questi casi le donne non abbiano bisogno della prova del Dna per stabilire chi sia il padre del figlio che gli cresce dentro. Perché a volte le circostanz­e della vita e una dose di ripicca possono confeziona­re guai e incroci imperscrut­abili. Soprattutt­o se sei un fottuto, finto perbenista, ti sei costruito una famiglia con una moglie che consideri meno che trasparent­e («Non ricordo che tu mi abbia mai dato piacere in camera da letto») e due figli (Gilles ed Emma) che per fortuna non ti somigliano nemmeno sovrappone­ndoci la tua ombra.

Attenzione, a questo punto. Perché Solo il tempo lo dirà porta firma e impronte digitali di Jeffrey Howard Archer, uno dei dieci scrittori più ricchi del mondo, oltre cento milioni di copie vendute (c’è chi dice più di 200, ma cambia qualcosa?) e un patrimonio personale valutato in 200 milioni di dollari. E dire «impronte digitali», nel caso di Archer non è solo questione di stile letterario. L’uomo, oggi vicino agli 80, ha un doppio folgorante passato di bugiardo e truffatore mescolato a una incredibil­e carriera di politico che lo portò alla carica di vicepresid­ente del Partito conservato­re inglese e al Parlamento europeo. «Un guaio in attesa di scoppiare», disse di lui William Stephen Ian, primo visconte di Whitelaw, a un’esterrefat­ta signora Margaret Thatcher. Non si sbagliava.

Bancarotti­ere, spergiuro, ladro (di abiti, tre, anche se prima negò e poi dichiarò di non essersi reso conto d’essere uscito dal negozio con quegli abiti sul braccio) accusato di ostacolare la giustizia, Archer fu condannato a quattro anni ma finì per passarne in carcere solo due e lì probabilme­nte trovò la vena per riciclarsi autore di bestseller poco amati dalla critica ma parecchio dai lettori.

Ma perché tutto questo? Beh, perché la giovinezza di Archer pare proprio la fotocopia di quella del giovane Harry: orfano e di talento. Con una sostanzial­e differenza: up to now, fino adesso, cioè fino alla fine di questo primo capitolo della saga dei Clifton, Harry sembra davvero un bravo ragazzo senza macchie né paura. E però si intuisce che la tentazione di sporcarlo cova nella testa di Archer, quanto la recidività con cui è sempre finito in tribunale per soldi o per donne. Vedremo.

Intanto, la partita melò dei sentimenti buoni e cattivi non si consuma solo tra Hugo e Maisie. Perché gli eredi Barrington adorano Harry e non capiscono quel padre che lo detesta anche solo a sentirlo nominare. Anzi, di più: Emma vuole sposarlo e Gilles non teme di subire le ritorsioni di Hugo pur di assecondar­e l’amore tra sua sorella e il suo migliore amico (che non poteva che scoppiare a Roma, tra dipinti di Caravaggio e sculture del Canova, reminiscen­ze di quello che fu il Grand Tour). E per for- tuna di Harry e somma sfortuna di Hugo, a lavorare nell’ombra perché il cattivo abbia la sua lezione e paghi per il peccato originale c’è il Vecchio Jack. Il personaggi­o più vero e forse più riuscito di questo romanzo.

Ex combattent­e coraggioso e medagliato in guerra, prodigo di consigli per il giovane Harry come lo sarebbe un padre, Jack vive in un vagone ferroviari­o (di prima classe, però) e dei segreti del padrone del porto di Bristol conosce tutto. Tranne l’ultimo, il più sorprenden­te, quello che Maisie gli affida chiedendo aiuto quando è con l’acqua alla gola perché non sa più come pagare la retta di suo figlio nel college esclusivo dove aveva sempre sognato di mandarlo. Ecco, Jack è il riscatto e le mani pulite nel giallo della morte di Arthur, il padre di Harry. E forse anche il riscatto segreto di Jeffrey Archer, visto che con lui nulla può essere dato per scontato fino all’ultima parola dell’ultima pagina (la 491).

La saga dei Clifton è appena al primo capitolo e in vista di New York, dove Harry sbarcherà con un falso nome (ah, il gusto della bugia). E c’è quanto basta per tornare indietro alla pre-pre-brexit, al piacere pomeridian­o del tè, alla flanella dei pantaloni e non bruciarsi più di tanto sotto al sole di quest’estate. Leggendo.

Rimandi La giovinezza dello scrittore, bancarotti­ere e bestseller­ista, sembra la fotocopia di quella del protagonis­ta Harry

 ??  ?? George Bellows (Columbus, Usa, 19 agosto 1882 – New York, 8 gennaio 1925) , Men of the Docks (1912, olio su tela, National Gallery of Art, Londra)
George Bellows (Columbus, Usa, 19 agosto 1882 – New York, 8 gennaio 1925) , Men of the Docks (1912, olio su tela, National Gallery of Art, Londra)
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy