Pallotta, un gol contro gli ultrà
In attesa del secondo miracolo sul campo, Roma dovrebbe festeggiarne uno ancora più importante e sbalorditivo: un presidente che non usa il bilancino del farmacista, in bilico tra sofismi ed eufemismi, per prendere a Pallottate gli ultrà killer. Purtroppo non è un presidente italiano, ma non si può avere tutto dalla vita. Conta il ruolo e conta come lo esercita: mentre la capitale frigge per il ritorno col Liverpool, Pallotta dice che della partita gli importa poco, che gli importa l’angoscia per il tifoso dei Reds in coma, che tutto questo rovina la reputazione di Roma e della Roma, che questo clima gli ricorda precisamente la simpatica tradizione della mafia. Dice cioè quello che non un presidente, ma ogni uomo di buonsenso dovrebbe dire. Da molto tempo. Ma che proprio tanti presidenti hanno sempre temuto di dire, nel timore opportunista di perdere l’appoggio dei curvaioli. A suo modo, è una presa di posizione storica. Che non può passare via come una stupida intervista da dopopartita. Se il mondo ultrà inneggia ai suoi eroi dalle mani insanguinate, il vero popolo degli stadi applaude il miracolo romano: il presidente che non ci mette solo i soldi, ma anche la faccia. Ciò che i criminali tolgono alla Roma, Pallotta lo restituisce. Si chiama dignità.