Quel fantasma che riappare nonostante la forza Rossa
Il confronto fa impressione. Hamilton: una pole e una vittoria, peraltro fortunosa, in testa al Mondiale. Vettel: tre pole, due vittorie, secondo in classifica con 4 punti di ritardo. Un panorama tecnico straordinariamente stabile e favorevole alla Ferrari, stravolto da una quantità altrettanto evidente di contrattempi, errori umani, scherzi del destino. Il che, per certi versi, non cambia la consapevolezza di chi indossa la divisa rossa ma trasforma il peggior avversario possibile in un colosso anche quando da colosso non si comporta affatto. A Baku abbiamo avuto un festival del paradosso. Verstappen, invitato alla disciplina, ancora protagonista di una reiterata serie di ostruzioni e quindi di un colpo di scena capace di rivoluzionare l’andamento dell’intera gara; Bottas di nuovo audace e preciso, destinato a raccogliere un bottino inatteso ma conquistato in pista, messo fuori da un minuscolo detrito; Vettel da dominatore di un intero weekend ad attaccante nervoso e fallace, secondo teoria che lo vede in affanno quando le cose prendono una piega storta. Premiati, curiosamente, i meno brillanti. Hamilton, soprattutto, ancora una volta impreciso e lontano da uno smalto da campione del mondo; Raikkonen, pasticcione in qualifica e in avvio ma gratificato da chi ha patito guai peggiori dei suoi. Errori umani decisivi, dunque, anche per vie indirette, esattamente come accadde in Cina quando fu un’altra collisione (tra le due Toro Rosso) a mandare a monte ogni previsione basata sui valori tecnici in campo. Il fatto è che Hamilton, guidando sottotono, manifestando qualche nervosismo, patendo una penalizzazione (in Bahrain), sfruttando una Mercedes non più e non certo superiore, invece di rincorrere l’efficacissima, velocissima, affidabilissima Ferrari di Vettel, guarda Vettel dall’alto. Frustrante, ecco. Pur considerando che Seb e la sua Loria hanno a disposizione molti elementi per allontanare dalla realtà il solito, minaccioso fantasma.