Il grande occhio di «Quarto grado», metafora del punto di vista
D i sciocchezze ne commettiamo tante, a cominciare dallo scrivente. Sono sicuro che Gianluigi Nuzzi si sia reso conto della grande sciocchezza che ha commesso quando ha accettato che al giornalista della Stampa Jacopo Iacoboni fosse impedito di entrare all’evento Sum#02, seconda edizione della manifestazione organizzata a Ivrea dall’associazione Gianroberto Casaleggio, nata dopo la morte del guru dei grillini.
È successo tempo fa, ma l’altra sera, seguendo «Quarto grado», il programma condotto da Gianluigi Nuzzi con Alessandra Viero, non ho potuto fare a meno di ripensare all’episodio di Ivrea, tanto più che il programma si occupava del delicato caso di Lidia Macchi e aveva in studio la mamma della vittima. Giganteggiava un occhio, a chiarire la metafora del punto di vista. Forse il pubblico di Rete4 non sa nulla di quanto è successo a Ivrea, nemmeno gli interessa. Però certe cose rimangono nell’aria. Non appena Nuzzi parlava, a me tornavano in mente le parole rivolte a Enrico Mentana, che gli aveva espresso la gravità di non aver fatto entrare un giornalista. A Ivrea, Nuzzi gridava: «È entrato, ma con un badge tarocco e tutti i tarocchi noi non li vogliamo».
A proposito di punto di vista, noi chi? La moglie di Nuzzi, tramite la società Visverbi, aveva organizzato l’evento, ma a nome di chi parlava il giornalista Nuzzi? Della Visverbi, della cui scuderia fa parte, del M5S, di Casaleggio figlio? E soprattutto, ora, ha un punto di vista così schierato anche nel programma che conduce? Non è mio compito, qui, dare lezioni. Di sciocchezze ne commettiamo tante, l’importante è rendersene conto. Intervistato dal Foglio, Nuzzi ha addotto scuse un po’ infantili, per la serie quando la toppa è peggio del buco. Non è facile vederlo condurre un programma incentrato sul punto di vista e dimenticare Ivrea. Non resta che invocare l’angelo della dimenticanza.